“Io li guarirò dalla loro infedeltà, li amerò di vero cuore, poiché la mia ira si è allontanata da loro. Osea 14:4
Prima del suo errore, Pietro aveva sempre parlato senza riflettere, seguendo l'impulso del momento. Era sempre pronto a rimproverare gli altri ed esprimere la propria opinione prima ancora di vedere chiaro in sé e sapere ciò che voleva dire. Ma dopo la conversione, Pietro diventò un altro. Mantenne il suo fervore di sempre, ma guidato dalla grazia di Cristo. Non era più impulsivo, pieno di fiducia in sé e superbo, ma calmo, padrone di sé e docile. Ora poteva pascere gli agnelli e le pecore del gregge del Signore. GDN 621.3
Il modo in cui il Salvatore si comportò con Pietro rappresentava una lezione per lui e per i suoi fratelli: i peccatori devono essere trattati con pazienza, simpatia e comprensione. Sebbene Pietro avesse rinnegato il Signore, l'amore di Gesù per lui non si era mai affievolito. Come collaboratore del pastore, avrebbe dovuto nutrire lo stesso suo amore per le pecore e per gli agnelli affidati alle sue cure. Ricordandosi delle sue debolezze e del suo errore, Pietro doveva dimostrare, nei loro confronti, la stessa tenerezza con cui il Signore lo aveva trattato. GDN 621.4
La domanda di Cristo rivolta a Pietro aveva un significato profondo. Essa menzionava l'unica condizione di discepolato e di servizio. Gesù chiese: “Mi ami tu?” Questa è l'unica qualifica essenziale senza la quale, pur possedendo tutte le altre, Pietro non avrebbe mai potuto essere un fedele pastore del gregge del Signore. La conoscenza, la benignità, l'eloquenza, la gratitudine e lo zelo sono ausili preziosi nell'adempimento dell'opera del Signore; ma senza l'amore di Dio nel cuore, il ministero cristiano diventa un fallimento. GDN 621.5
Leggi Esodo 33:15-22 e considerate il contesto di questi versetti e il racconto in cui compaiono. Che cosa rivela questo passo, in particolare il versetto 19, sulla volontà e sull'amore di Dio?
Ogni sua preghiera era stata esaudita, ma egli desiderava ardentemente una manifestazione più grande del favore divino, e così formulò una richiesta che nessun uomo aveva mai presentato: “Deh, fammi vedere la tua gloria”. Esodo 33:18. Dio non considerò presuntuosa questa richiesta, ma rispose con grande bontà: “Io farò passare davanti a te tutta la mia bontà”. Esodo 33:19. Nessun mortale poteva sopravvivere di fronte alla completa manifestazione della gloria divina, ma a Mosè fu assicurato che avrebbe potuto contemplare lo splendore della divinità finché le sue facoltà umane avrebbero potuto tollerare quella visione. Sulla cima della montagna, la stessa mano che aveva fatto il mondo, che “...trasporta le montagne senza che se ne avvedano...” (Giobbe 9:5), prese quella creatura, quel potente uomo di fede, e lo posò in un anfratto roccioso; quindi fece passare davanti a lui la rivelazione di tutta la sua gloria e bontà. PP 272.3
Questa esperienza, ma soprattutto la promessa del conforto della presenza divina, diede a Mosè la certezza di riuscire nella missione che lo attendeva, ed egli la considerò molto più preziosa di tutto ciò che aveva imparato in Egitto dai condottieri militari e dagli uomini di stato. Nessuna cultura, nessun potere terreno possono sostituire la costante presenza di Dio. PP 273.1
Per chi commette un errore, è terribile trovarsi in potere di Dio; Mosè rimase solo davanti all’Eterno, senza alcun timore, perché si sentiva in armonia con il suo Creatore. Il salmista dice: “Se nel mio cuore avessi avuto di mira l’iniquità, il Signore non m’avrebbe ascoltato”. Salmi 66:18. Ma “il segreto dell’Eterno è per quelli che lo temono ed Egli fa loro conoscere il suo patto”. Salmi 25:14. PP 273.2
Dio proclamò di se stesso: “...L’Eterno! L’Eterno! L’Iddio misericordioso e pietoso lento all’ira, ricco in benignità e fedeltà, che conserva la sua benignità fino alla millesima generazione, che perdona l’iniquità, la trasgressione e il peccato ma non terrà il colpevole per innocente... E Mosè subito s’inchinò fino a terra, e adorò”. Esodo 34:6-8. Ancora una volta, egli aveva ottenuto da Dio il perdono per quel popolo che considerava come la sua stessa discendenza. La preghiera era stata esaudita: il Signore, nella sua generosità, aveva promesso di confermare la sua benevolenza nei confronti d’Israele e compiere in sua difesa azioni straordinarie, mai viste “su tutta la terra né in alcuna nazione”. PP 273.3
In Osea, capitoli uno e due, la prima e più importante cosa da accertare di questi capitoli è il tempo in cui si svolge la loro portata profetica. Per scoprirlo, leggeremo:
Os. 2:18 - “In quel tempo farò per loro un'alleanza con le bestie della terra e gli uccelli del cielo e con i rettili del suolo; arco e spada e guerra eliminerò dal paese; e li farò riposare tranquilli.
Fino ad oggi il popolo di Dio non ha mai sperimentato una sicurezza e una libertà così complete e assolute come quelle descritte in questo versetto della Scrittura. Si vede quindi subito che il tema del capitolo va anche oltre il nostro tempo. Studiando i capitoli versetto per versetto, l'elemento temporale apparirà sempre più luminoso.
Os. 1:1,2 - “Parola del Signore rivolta a Osea figlio di Beerì, al tempo di Ozia, di Iotam, di Acaz, di Ezechia, re di Giuda, e al tempo di Geroboàmo figlio di Ioas, re d'Israele. Quando il Signore cominciò a parlare a Osea, gli disse: "Và, prenditi in moglie una prostituta e abbi figli di prostituzione, poiché il paese non fa che prostituirsi allontanandosi dal Signore".
Il Signore disse a Osea: “Va', prenditi una moglie di puttane e dei figli di puttane, perché il paese ha commesso una grande prostituzione, allontanandosi dal Signore”.
Il profeta Osea ricevette l'ordine di prendere una moglie di puttane solo per raffigurare la triste e abominevole condizione in cui versava Israele.
Questo matrimonio è, ovviamente, solo visionario, come lo è quello del profeta Ezechiele che giace 40 giorni da una parte e 390 giorni dall'altra (Ez 4:4-6).
Leggi Osea 14:1-4. Che cosa rivelano questi versetti sull'amore costante di Dio per il suo popolo?
Tutti coloro che entreranno nella città celeste passeranno per la porta stretta cioè lotteranno disperatamente perché “nulla d’impuro vi potrà entrare”. Apocalisse 21:27. Coloro che hanno commesso degli errori non si lascino prendere dalla disperazione. Uomini, onorati da Dio, possono sbagliare e sacrificare le loro virtù in nome della passione. Tuttavia se si pentono, se abbandonano i loro peccati e ritornano al Signore, non devono perdere la speranza. Colui che ha detto “...Siate fedeli anche a costo di morire, e io vi darò la corona della vittoria: la vita eterna” (Apocalisse 2:10) rivolge ancora questo invito: “Chi è senza fede e senza legge cambi mentalità; chi è perverso rinunci alla sua malvagità! Tornate tutti al Signore, ed egli avrà pietà di voi! Tornate al nostro Dio che perdona con larghezza!” Isaia 55:7. Dio odia il peccato, ma ama il peccatore. Cfr. Osea 14:4. PR 54.2
A tutti coloro che avevano perso di vista il piano divino per la liberazione dei peccatori caduti in potere di Satana, il Signore offriva restaurazione e pace. Egli dichiarò: “Farò tornare da me il mio popolo, lo amerò con tutto il cuore. Ho allontanato da lui la mia ira. Sarò per Israele come la rugiada. Egli fiorirà come un giglio e le sue radici saranno salde come quelle degli alberi del monte Libano. I suoi germogli si stenderanno e saranno belli come quelli dell’ulivo. La loro fragranza sarà come quella dei cedri del Libano. Tornerà a vivere sotto la mia protezione. Coltiverà il grano, fiorirà come la vigna e sarà famoso come il vino del Libano. Il popolo d’Israele non avrà più nulla a che fare con gli idoli; risponderò alle sue preghiere e avrò cura di lui. Sarò come un cipresso sempre verde. Sono io che gli concedo raccolti abbondanti. Chi è saggio capisca queste cose, chi è intelligente afferri il loro significato. Le vie del Signore sono diritte, gli uomini giusti camminano in esse, mentre i peccatori inciampano e cadono”. Osea 14:5-10. PR 156.1
Confrontate Apocalisse 4:11 e Salmo 33:6. Che cosa ci dicono questi versetti sulla libertà di Dio rispetto alla creazione?
In Apocalisse 14 gli uomini sono invitati ad adorare il Creatore e la profezia mette in luce, come risultato della proclamazione del triplice messaggio, un gruppo di persone che osservano i comandamenti di Dio. Uno di questi comandamenti indica Dio come Creatore. Il quarto dichiara: “ma il settimo è giorno di riposo, sacro all’Eterno, ch’è l’Iddio tuo... poiché in sei giorni l’Eterno fece i cieli, la terra, il mare e tutto ciò ch’è in essi, e si riposò il settimo giorno; perciò l’Eterno ha benedetto il giorno del riposo e l’ha santificato”. Esodo 20:10, 11. A proposito del sabato, il Signore dice che esso dev’essere “...un segno... dal quale si conosca che io sono l’Eterno, il vostro Dio”. Ezechiele 20:20. Perché “...in sei giorni l’Eterno fece i cieli e la terra, e il settimo giorno cessò di lavorare, e si riposò”. Esodo 31:17. GC 342.1
“I cieli furono fatti dalla parola dell’Eterno, e tutto il loro esercito dal soffio della sua bocca... Poiché Egli parlò, e la cosa fu; Egli comandò e la cosa sorse”. Salmi 33:6, 9. La Bibbia non ammette nessun lungo periodo in cui la terra si sia lentamente evoluta a partire da una situazione di caos iniziale. Il racconto sacro attesta che ogni giorno della creazione era costituito da una sera e da una mattina, come qualsiasi altro giorno. Al termine di ogni giorno viene inoltre presentata l’opera compiuta dal Creatore. La creazione nel suo complesso viene descritta sinteticamente alla fine del racconto riguardante la settimana iniziale: “Queste sono le origini dei cieli e della terra quando furono creati, nel giorno che l’Eterno Iddio fece la terra e i cieli”. Genesi 2:4. Anche questo versetto non permette di affermare che i giorni creativi non fossero giorni letterali. PP 88.4
Leggi Giovanni 17:24. Cosa ci dice dell'amore di Dio prima che il mondo esistesse?
Che richiesta! Quale amore tenero e inesprimibile è contenuto in questa petizione! Il nostro Capo vivente desidera che le membra del suo corpo siano associate a lui. Essi hanno avuto comunione con lui nelle sue sofferenze, ed egli non si accontenterà di niente di meno che di avere comunione con lui nella sua gloria. Questo lo rivendica come suo diritto”. RH 15 agosto 1893, par. 9
“Gesù negò che gli ebrei fossero figli di Abramo. Disse: “Voi fate le opere di vostro padre”. Per scherno essi risposero: “Nonsiamo nati da fornicazione; abbiamo un solo Padre, Dio”. Queste parole, alludendo alle circostanze della sua nascita, erano intese come un attacco contro Cristo in presenza di coloro che cominciavano a credere in Lui. Gesù non diede retta a questa insinuazione, ma disse: “Se Dio fosse vostro Padre, voi mi amereste, perché io sono uscito e vengo da Dio”. DA 467.2
Leggere Matteo 22:1-14. Qual è il significato di questa parabola?
Erano stati i discepoli di Cristo ad invitare alla festa. Il Signore aveva inviato prima i dodici e successivamente i settanta ad annunciare che il regno dei cieli era alle porte. Dovevano invitare gli uomini al pentimento e a credere nell’Evangelo, ma il loro appello rimase inascoltato e gli invitati non si presentarono, perciò il re mandò un’altra volta i servi a dire: “Ecco, io ho preparato il mio pranzo; i miei buoi ed i miei animali ingrassati sono ammazzati, e tutto è pronto; venite alle nozze”. Matteo 22:4. Fu questo il messaggio recato agli Ebrei dopo la crocifissione di Cristo, ma quello che si vantava di essere il popolo eletto di Dio, respinse l’Evangelo che gli era stato annunciato con la potenza dello Spirito Santo. Molti lo fecero con il più profondo disprezzo, altri addirittura, di fronte all’offerta di salvezza e perdono per aver respinto il Signore della gloria, si infuriarono al punto da scagliarsi letteralmente sui portatori del messaggio: “E vi fu in quel tempo una gran persecuzione contro la chiesa in Gerusalemme”. Atti 8:1. Molti uomini e donne furono gettati in prigione e alcuni dei messaggeri del Signore, come Stefano e Giacomo, furono perfino messi a morte. PV 213.5
Cosi gli Israeliti segnarono definitivamente il loro rifiuto della grazia di Dio, e Cristo predisse in questa parabola con quali conseguenze: “Allora il re... mandò le sue truppe a sterminare quegli omicidi e ad ardere la loro città”. Questo giudizio si abbatté sugli Ebrei al momento della distruzione di Gerusalemme e della loro diaspora in tutto il mondo. PV 214.1
Il terzo invito alla festa rappresenta la proclamazione dell’Evangelo fatta ai pagani. Il re disse: “Le nozze, sì, sono pronte; ma gl’invitati non ne erano degni. Andate dunque sui crocicchi delle strade e chiamate alle nozze quanti troverete”. Matteo 22:8, 9. PV 214.2
“E quei servitori, usciti per le strade, raunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni”. Matteo 22:10. Era una compagnia molto eterogenea e alcuni non mostravano per il padrone più rispetto di quelli che avevano risposto negativamente. I primi invitati pensavano di non poter rinunciare a certi vantaggi mondani solo per partecipare al banchetto del re, e fra chi aveva accettato, c’era chi lo faceva per puro tornaconto, per mangiare a sazietà ma non per onorare il re. PV 214.3
“Pochi ricevono la grazia di Cristo con abnegazione, con un senso profondo e permanente della propria indegnità. Non possono sopportare le manifestazioni della potenza di Dio, perché ciò incoraggerebbe in loro l'autostima, l'orgoglio e l'invidia. Ecco perché il Signore può fare così poco per noi ora. Dio vuole che cerchiate individualmente la perfezione dell'amore e dell'umiltà nei vostri cuori. Dedicate la vostra principale cura a voi stessi, coltivate quelle eccellenze del carattere che vi renderanno adatti alla società dei puri e dei santi”. 5T 50.3
Leggi Giovanni 10:17, 18. Confronta con Galati 2:20. Qual è il messaggio per noi in questi testi?
Con queste parole Gesù voleva dire che il Padre ha tanto amato gli uomini e ama ancora di più suo Figlio che ha dato la sua vita per la loro redenzione. Diventando il loro sostituto e il loro garante, rinunciando alla sua vita, prendendo su di sé le loro debolezze e le loro trasgressioni, Egli è diventato più caro allo stesso Padre. SU 367.1
“Io depongo la mia vita, per ripigliarla poi. Nessuno me la toglie, ma la depongo da me. Io ho potestà di deporla e ho potestà di ripigliarla”. Giovanni 10:17, 18. Gesù, come membro della famiglia umana, era mortale; ma come Dio, era fonte di vita per tutto il mondo. Egli sarebbe potuto sfuggire alla morte e rifiutarsi di sottoporsi al suo dominio, ma volontariamente rinunciò alla propria vita per offrire l’immortalità. Egli portò il peccato del mondo, ne accettò la maledizione, rinunciò alla vita, affinché gli uomini non subissero la morte eterna. “E, nondimeno, eran le nostre malattie ch’egli portava, erano i nostri dolori quelli di cui s’era caricato... egli è stato trafitto a motivo delle nostre trasgressioni, fiaccato a motivo delle nostre iniquità; il castigo, per cui abbiam pace, è stato su lui, per le sue lividure noi abbiamo avuto guarigione. Noi tutti eravamo erranti come pecore, ognuno di noi seguiva la sua propria via; e l’Eterno ha fatto cader su lui l’iniquità di noi tutti”. Isaia 53:4-6. SU 367.2
“Nella sua resistenza al male e nel suo lavoro per gli altri, Cristo ha dato agli uomini un esempio di altissima educazione. Ha rivelato Dio ai suoi discepoli in un modo che ha operato nei loro cuori un'opera speciale, come da tempo ci esorta a lasciarlo fare nei nostri cuori. Ci sono molti che, soffermandosi così tanto sulla teoria, hanno perso di vista la forza viva dell'esempio del Salvatore. Hanno perso di vista il suo ruolo di lavoratore umile e abnegato. Ciò di cui hanno bisogno è vedere Gesù. Hanno bisogno che ogni giorno la sua presenza si riveli di nuovo. Hanno bisogno di seguire più da vicino il suo esempio di rinuncia e sacrificio. CT 36.2
“Abbiamo bisogno dell'esperienza che fece Paolo quando scrisse: “Io sono crocifisso con Cristo; tuttavia vivo; non sono più io, ma Cristo vive in me; e la vita che ora vivo nella carne la vivo per la fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me”. Galati 2:20. CT 36.3
“La conoscenza di Dio e di Gesù Cristo espressa nel carattere è la più alta educazione. È la chiave che apre i portali della città celeste. Questa conoscenza è il proposito di Dio che tutti coloro che si rivestono di Cristo possiedano”. CT 37.1
In tutte le prove abbiamo un Salvatore il cui aiuto non verrà mai meno. Egli non ci lascia soli nella lotta contro la tentazione, nella battaglia contro il male e non permette che siamo schiacciati dalle preoccupazioni e dai dolori. Sebbene gli occhi terreni non possano vederlo, l’orecchio della fede può udirlo, mentre ci incoraggia a non avere paura perché Egli è con noi. “Io sono... il Vivente; e fui morto, ma ecco son vivente per i secoli dei secoli”. Apocalisse 1:18. Io ho provato i vostri dolori, ho affrontato le vostre lotte e le vostre tentazioni. Conosco le vostre lacrime, perché anch’io ho pianto. Conosco i tormenti interiori che non si possono raccontare a nessuno. Non abbattetevi al pensiero della solitudine. Sebbene nessuno sulla terra possa comprendere il vostro dolore, pensate a me e vivrete. “Quand’anche i monti s’allontanassero e i colli fossero rimossi, l’amor mio non s’allontanerà da te, né il mio patto di pace sarà rimosso, dice l’Eterno, che ha pietà di te”. Isaia 54:10. SU 366.1
Per quanto un pastore ami il suo gregge, prova però un amore più grande per i suoi figli e le sue figlie. Gesù non è soltanto il nostro pastore, ma è anche il nostro “Padre eterno”. Egli dice: “Io sono il buon pastore, e conosco le mie, e le mie mi conoscono, come il Padre mi conosce ed io conosco il Padre”. Quale consolante dichiarazione! La comunione che esiste fra lui — il Figlio unico, che è una cosa sola con il Padre, colui che Dio ha chiamato “l’uomo che mi è compagno” (Zaccaria 13:7) — e il Dio eterno, è considerata come un’immagine della comunione fra il Cristo e i suoi figli sulla terra. SU 366.2
Gesù ci ama perché noi siamo il dono di suo Padre e la ricompensa della sua opera. Egli ci ama come figli. Lettore, lui ti ama. Il cielo intero non può accordare niente di più grande, niente di più bello. Perciò abbi fiducia. SU 366.3