
« Io, il Signore, scruto la mente e saggio i cuori, per rendere a ciascuno secondo la sua condotta, secondo il frutto delle sue azioni. Geremia 17:10
Le parole dell’apostolo furono scritte per l’istruzione dei credenti di ogni tempo, e contengono uno speciale significato per quelli che vivono nel tempo in cui “la fine di ogni cosa è vicina”. 1 Pietro 4:7 (Luzzi). Ogni anima che desidera mantenere la sua fede “ferma sino alla fine” necessita delle sue parole di esortazione, di avvertimento, di fede e di incoraggiamento. Ebrei 3:14. UVI 324.3
L’apostolo cercò di insegnare ai credenti quanto sia importante impedire alla mente di vagabondare su temi proibiti e di sprecare le energie su soggetti immorali. Coloro che non vogliono essere preda delle astuzie di Satana devono sorvegliare bene i propri pensieri. Essi devono evitare di leggere, guardare o ascoltare ciò che suscita pensieri impuri. Non bisogna permettere che Satana influenzi la nostra mente con i suoi sottili inganni. Il cuore deve essere fedelmente vigilato, altrimenti i mali esterni risveglieranno mali interiori, e l’anima sarà preda dell’errore. Cingete “i fianchi della vostra mente — scrisse Pietro — e stando sobrî, abbiate piena speranza nella grazia che vi sarà recata nella rivelazione di Gesù Cristo... non vi conformate alle concupiscenze del tempo passato quand’eravate nell’ignoranza; ma come Colui che vi ha chiamati è santo, anche voi siate santi in tutta la vostra condotta; poiché sta scritto: Siate santi, perché io son santo”. 1 Pietro 1:13-16 (Luzzi). UVI 324.4
Leggi Giosuè 7. Quali furono le due cause principali della sconfitta di Israele da parte degli abitanti di Ai?
La grande vittoria che Dio aveva realizzato per loro, rese gli israeliti sicuri di sé. È vero che il Signore aveva promesso loro la terra di Canaan, ma se essi avessero dimenticato di chiedere l’aiuto divino, sarebbero andati incontro all’insuccesso; e ora perfino Giosuè aveva fatto piani per conquistare Ai senza chiedere consiglio a Dio. PP 415.2
Gli israeliti cominciavano a fidarsi delle proprie possibilità, e consideravano con disprezzo i loro nemici. Siccome si aspettavano una facile vittoria, ritennero che tremila uomini fossero sufficienti per conquistare la zona. Condussero l’attacco senza la garanzia della protezione divina, e la loro avanzata fu fermata quasi alle porte della città da una resistenza decisa. Spaventati per il numero e la preparazione dei nemici, fuggirono in disordine giù per la strada scoscesa. L’esercito dei cananei li inseguì rabbiosamente “...dalla porta fino a Scebarim, e li mise in rotta nella scesa”. Giosuè 7:5. Anche se le perdite erano state numericamente lievi trentasei uomini uccisi — la sconfitta scoraggiò Israele. “...Il cuore del popolo si strusse e divenne come acqua”. Giosuè 7:5. Se in quella prima battaglia effettiva contro i cananei erano stati messi in fuga dai difensori di quella piccola città, cosa sarebbe successo in conflitti più importanti? Giosuè interpretò il mancato successo come un’espressione del dispiacere divino, e con angoscia e apprensione “...si stracciò le vesti e si gettò col viso a terra davanti all’arca dell’Eterno; stette così fino alla sera, egli con gli anziani d’Israele, e si gettarono della polvere sul capo... Ahi, Signore, Eterno” gridò “perché hai tu fatto passare il Giordano a questo popolo per darci in mano degli Amorei e farci perire?... Ahimè, Signore, che dirò io, ora che Israele ha voltato le spalle ai suoi nemici? I Cananei e tutti gli abitanti del paese lo verranno a sapere, ci avvolgeranno, e faranno sparire il nostro nome dalla terra; e tu che farai per il tuo gran nome?” Giosuè 7:6-9. PP 415.3
L’Eterno rispose: “Levati! Perché ti sei tu così prostrato con la faccia a terra? Israele ha peccato; hanno trasgredito il patto ch’io avevo loro comandato d’osservare”. Giosuè 7:10, 11. Era un momento in cui occorreva agire in maniera pronta e decisa, e non disperarsi e lamentarsi. Il peccato si celava nel campo e per ritrovare la presenza e la benedizione di Dio occorreva individuarlo ed eliminarlo. “...Io non sarò più con voi, se non distruggerete l’interdetto di mezzo a voi” (Giosuè 7:12), aveva ammonito l’Eterno. PP 415.4
Per l’infedeltà di uno degli esecutori dei giudizi divini, tutto il popolo fu considerato colpevole di quella trasgressione: “...Han perfino preso dell’interdetto, l’han perfino rubato, han perfino mentito, e l’han messo fra i loro bagagli”. Giosuè 7:11. Giosuè seguì le istruzioni dategli per scoprire e punire il colpevole ricorrendo alla sorte. Affinché il popolo potesse sentire la responsabilità del peccato, fare un esame di coscienza e umiliarsi davanti al Signore, il peccatore non venne subito scoperto; questo lasciò il popolo in apprensione. PP 416.1
Leggi Giosuè 7:16-19. Cosa ci dice l'intera procedura sia su Dio che su Acan?
Il mattino presto, Giosuè riunì Israele per tribù, e iniziò la solenne e impressionante cerimonia. A mano a mano che la ricerca procedeva, il cerchio si stringeva sempre più. Prima fu trovata la tribù, poi la famiglia, poi il casato, e infine l’uomo: Acan, figlio di Carmi, della tribù di Giuda, era il colpevole che Dio aveva indicato. PP 416.2
Per stabilire l’identità del trasgressore in maniera sicura, e non lasciare nessuna possibilità di pensare a una condanna ingiusta, Giosuè scongiurò solennemente Acan di ammettere la verità. Il miserabile confessò il suo crimine, dicendo: “E vero; ho peccato contro l’Eterno, l’Iddio d’Israele... Ho veduto tra le spoglie un bel mantello di Scinear, duecento sicli d’argento e una verga d’oro del peso di cinquanta sicli; ho bramato quelle cose, le ho prese; ecco, son nascoste in terra in mezzo alla mia tenda...”. Giosuè 7:20, 21. Immediatamente furono mandati nella tenda dei messaggeri che scavarono nel luogo indicato “...ed ecco che il mantello v’era nascosto; e l’argento stava sotto. Essi presero quelle cose di mezzo alla tenda, le portarono a Giosuè e a tutti i figliuoli d’Israele, e le deposero davanti all’Eterno”. Giosuè 7:22, 23. PP 416.3
Giosuè disse: “Perché ci hai tu conturbati? l’Eterno conturberà te in questo giorno” (Giosuè 7:25), e la sentenza fu immediatamente eseguita. Il popolo, che era stato considerato responsabile del peccato di Acan, dato che ne aveva subìto le conseguenze, eseguì la condanna attraverso i suoi rappresentanti. “Tutto Israele lo lapidò”. Giosuè 7:25. PP 416.4
«Noi professiamo di essere governati dagli stessi principi, di essere influenzati dallo stesso spirito. Ma invece di dare tutto per Cristo, molti hanno preso il lingotto d'oro e un bel vestito babilonese e li hanno nascosti nell'accampamento. Se la presenza di un solo Acan è stata sufficiente a indebolire l'intero accampamento d'Israele, possiamo sorprenderci del poco successo che accompagnano i nostri sforzi quando ogni chiesa e quasi ogni famiglia ha il suo Acan?» 5T 157.1
«Un solo peccatore può diffondere l'oscurità che esclude la luce di Dio dall'intera congregazione. Quando il popolo si rende conto che l'oscurità sta calando su di loro e non ne conosce la causa, dovrebbe cercare Dio con fervore, con grande umiltà e abbassamento di sé, fino a quando gli errori che addolorano il Suo Spirito non saranno individuati e eliminati». 3T 265.1
«Il disappunto di Dio è sul Suo popolo, ed Egli non manifesterà il Suo potere in mezzo a loro finché tra loro esistono peccati che sono alimentati da coloro che ricoprono posizioni di responsabilità». 3T 270.2
Leggi Giosuè 7:19-21. Cosa chiede Giosuè ad Acan? Qual è il significato di tale richiesta? Come interpretiamo la sua confessione?
Il peccato di Acan fu commesso in un momento in cui la potenza di Dio si era manifestata con forza, e rappresentava una sfida a un preciso e solenne avvertimento divino. “Guardatevi bene da ciò che è votato all’interdetto... e non rendiate maledetto il campo d’Israele” (Giosuè 6:18), era stato intimato a tutto il popolo. Quest’ordine fu dato subito dopo il miracoloso passaggio del Giordano, dopo la circoncisione del popolo in riconoscimento del patto di Dio, dopo l’osservanza della Pasqua e l’apparizione dell’Angelo del patto, capo dell’esercito del Signore. Poi era seguito il crollo di Gerico, una prova evidente della sorte dei trasgressori della legge di Dio. Inoltre la manifestazione della potenza divina, che aveva dato la vittoria a Israele, permettendo al popolo di conquistare la città di Gerico, rendeva ancora più solenne il divieto di appropriarsi del bottino. La roccaforte era crollata davanti alla potenza della Parola di Dio, era lui che l’aveva conquistata e solo a lui doveva essere consacrato tutto ciò che essa conteneva. PP 416.6
Ma fra gli israeliti vi era un uomo che in quel solenne momento di trionfo e giudizio, osò trasgredire l’ordine divino. L’avidità di Acan affiorò quando egli vide quel prezioso mantello di Scinear, tanto che perfino davanti alla morte, parlò di un “bel mantello”. Acan a questo peccato ne aggiunse altri, si era appropriato dell’oro e dell’argento che dovevano essere consacrati al tesoro del Signore: aveva derubato Dio delle primizie del paese di Canaan. PP 417.1
All’origine del peccato, che determinò la rovina di Acan, vi era l’avidità, uno degli errori più comuni e considerati con maggiore leggerezza. Mentre altre colpe sono punite con la detenzione o altre pene, la violazione del decimo comandamento molto raramente viene biasimata. La gravità di questo peccato e le sue terribili conseguenze costituiscono la lezione che si trae dalla storia di Acan. PP 417.2
Leggi Giosuè 8:1-29. Cosa ci dice questa storia su come Dio può trasformare i nostri fallimenti più abissali in opportunità?
Dopo l’esecuzione di Acan, Giosuè ricevette l’ordine di schierare tutti i soldati per marciare nuovamente contro Ai. La potenza di Dio accompagnava gli israeliti, che ben presto si impadronirono della città. PP 420.1
L’anziano condottiero esortò gli israeliti a valutare tutti gli elementi presentati. Se ritenevano sbagliato servire l’Eterno, fonte di ogni bene, in quel giorno avrebbero dovuto dirlo. Dovevano scegliere chi servire: o gli dèi che “i loro padri servirono di là dal fiume” e che Abramo fu chiamato ad abbandonare, o “gli dei degli Amorei”, del paese in cui abitavano, e quindi vivere come le nazioni idolatre e corrotte che li circondavano. Quelle erano parole di aspro rimprovero per Israele. Gli dèi degli amorei non erano riusciti a proteggere i loro adoratori. Quel popolo malvagio era stato distrutto per i propri peccati abominevoli e degradanti, e il loro magnifico paese era stato dato al popolo di Dio. Che follia per Israele scegliere quelle divinità per il cui culto gli amorei erano stati distrutti! “Quanto a me e alla casa mia” disse Giosuè “serviremo all’Eterno”. Giosuè 24:15. Quel santo zelo che animava profondamente il loro capo contagiò il popolo e i suoi appelli suscitarono una risposta decisa: “Lungi da noi l’abbandonare l’Eterno per servire ad altri dei”. Giosuè 24:16. PP 440.1
Leggi Giosuè 7:6-9, che tratta della reazione iniziale di Giosuè alla calamità che si era abbattuta su di loro. Concentrati in particolare su Giosuè 7:9. Quale importante principio teologico si trova nelle sue parole?
«Achan desiderò e nascose un lingotto d'oro e un bel vestito babilonese che erano stati presi come bottino dal nemico. Ma il Signore aveva dichiarato la città di Gerico maledetta e aveva comandato al popolo di non prendere il bottino dei nemici per proprio uso. «E voi, in ogni modo, state lontani dalla cosa maledetta, affinché non vi rendiate maledetti, quando prendete la cosa maledetta, e rendete maledetto il campo d'Israele, e lo turbate. Ma tutto l'argento, l'oro, i vasi di rame e di ferro sono consacrati al Signore: essi entreranno nel tesoro del Signore». 4T 491.1
«Ma Acan, della tribù di Giuda, prese delle cose maledette, e l'ira del Signore si accese contro i figli d'Israele. Quando gli eserciti d'Israele uscirono per combattere contro il nemico, furono respinti e messi in fuga, e alcuni di loro furono uccisi. Ciò portò grande scoraggiamento al popolo. Giosuè, il loro capo, era perplesso e confuso. Nella più grande umiliazione cadde con la faccia a terra e pregò: «Ahimè, o Signore Dio, perché hai fatto passare questo popolo oltre il Giordano, per consegnarci nelle mani degli Amorei e distruggerci? Avremmo preferito rimanere dall'altra parte del Giordano! O Signore, cosa dirò quando Israele volterà le spalle ai suoi nemici? I Cananei e tutti gli abitanti del paese lo verranno a sapere, ci circonderanno e cancelleranno il nostro nome dalla terra: cosa farai al tuo grande nome?» 4T 491.2
«La risposta del Signore a Giosuè fu: “Alzati! Perché giaci così con la faccia a terra? Israele ha peccato e ha trasgredito il patto che gli avevo comandato, poiché ha preso delle cose maledette, ha rubato, ha dissimulato e le ha messe tra le sue cose”. Achan aveva rubato ciò che doveva essere riservato a Dio e posto nel Suo tesoro; aveva anche dissimulato, poiché quando vide che l'accampamento d'Israele era turbato, non confessò la sua colpa, sapendo che Giosuè aveva ripetuto al popolo le parole del Signore, secondo cui se avessero appropriato per sé ciò che Dio aveva riservato, l'accampamento d'Israele sarebbe stato turbato. 4T 492.1
«Mentre gioisce per il suo guadagno illecito, la sua sicurezza viene infranta; sente che sarà fatta un'indagine. Questo lo rende inquieto. Ripete più volte a se stesso: Che cosa importa a loro? Io sono responsabile delle mie azioni. Apparentemente fa buon viso a cattivo gioco e condanna in modo molto dimostrativo il colpevole. Se avesse confessato, avrebbe potuto salvarsi; ma il peccato indurisce il cuore, e lui continua ad affermare la sua innocenza. In mezzo a una folla così numerosa, pensa di poter sfuggire alla scoperta. Si tirano a sorte per trovare il colpevole; la sorte cade sulla tribù di Giuda. Il cuore di Acan ora comincia a battere forte per la paura della colpa, perché lui appartiene a quella tribù; ma continua a illudersi che riuscirà a sfuggire. Si tira nuovamente a sorte e viene scelta la famiglia a cui appartiene. Ora Giosuè legge la sua colpa sul suo volto pallido. Il sorteggio individua nuovamente l'infelice uomo. Eccolo lì, indicato dal dito di Dio come il colpevole che ha causato tutti questi problemi. 4T 492.2
«Se quando Acan cedette alla tentazione gli fosse stato chiesto se desiderasse portare la sconfitta e la morte nell'accampamento d'Israele, avrebbe risposto: “No, no! Il tuo servo è forse un cane per commettere questa grande malvagità?” Ma indugiò nella tentazione per soddisfare la propria cupidigia e, quando se ne presentò l'occasione, andò oltre ciò che aveva deciso nel suo cuore. È esattamente in questo modo che i singoli membri della chiesa sono impercettibilmente indotti ad affliggere lo Spirito di Dio, a frodare i loro vicini e a provocare il disappunto di Dio sulla chiesa. Nessun uomo vive per se stesso. La vergogna, la sconfitta e la morte furono portate su Israele dal peccato di un solo uomo. La protezione che aveva coperto le loro teste durante la battaglia fu ritirata. I vari peccati che sono cari e praticati dai cristiani professati portano il disapprovazione di Dio sulla chiesa. Nel giorno in cui il Libro del Cielo sarà aperto, il Giudice non esprimerà a parole all'uomo la sua colpa, ma lancerà uno sguardo penetrante e convincente, e ogni azione, ogni transazione della vita, sarà impressa vividamente nella memoria del trasgressore. La persona non avrà bisogno, come ai tempi di Giosuè, di essere cercata dalla tribù alla famiglia, ma le sue stesse labbra confesseranno la sua vergogna, il suo egoismo, la sua cupidigia, la sua disonestà, la sua dissimulazione e la sua frode. I suoi peccati, nascosti alla conoscenza degli uomini, saranno allora proclamati, per così dire, sui tetti delle case. 4T 492.3
" L'influenza più temibile per la chiesa non è quella degli oppositori dichiarati, degli infedeli e dei bestemmiatori, ma quella dei professori di Cristo incoerenti. Questi sono coloro che trattengono la benedizione del Dio d'Israele e portano debolezza alla chiesa, un disonore che non è facile da cancellare. Mentre Giosuè giaceva con la faccia a terra, riversando la sua anima a Dio con angoscia di spirito e lacrime, il comando di Dio fu un rimprovero: «Alzati; perché giaci così con la faccia a terra?» 4T 493.1
«Le chiese popolari sono piene di uomini che, mentre fingono di servire Dio, sono ladri, assassini, adulteri e fornicatori; ma coloro che professano la nostra umile fede rivendicano uno standard più elevato. Dovrebbero essere cristiani biblici e devono essere diligenti nello studio della Carta della vita. Dovrebbero esaminare con attenzione e in preghiera i motivi che li spingono ad agire. Coloro che ripongono la loro fiducia in Cristo dovrebbero iniziare fin da ora a studiare le bellezze della croce. Se vogliono essere cristiani viventi, devono iniziare fin da ora a temere e obbedire a Dio. Se lo faranno, potranno salvare le loro anime dalla rovina e riuscire a conquistare la vita eterna». 4T 493.2