« Disse allora il Signore a Mosè: "Fino a quando rifiuterete di osservare i miei ordini e le mie leggi? Vedete che il Signore vi ha dato il sabato! Per questo egli vi dà al sesto giorno il pane per due giorni. Restate ciascuno al proprio posto! Nel settimo giorno nessuno esca dal luogo dove si trova". Il popolo dunque riposò nel settimo giorno. Esodo 16:28-30
Dopo che Israele attraversò il mare e il mare si chiuse sui loro nemici, tutti cantarono e diedero gloria a Dio, ma sebbene l'esercito del Faraone e il mare non fossero più oggetto di paura ma di interesse, le loro prove, i loro dubbi e le loro paure non erano ancora finiti: quasi immediatamente dopo aver visto il mare alle loro spalle e il deserto davanti a loro, cominciarono a rimproverare Mosè per averli condotti nel deserto a morire di fame e di sete. Non pensavano minimamente che se Dio poteva prosciugare il mare, poteva certamente inondare il deserto e farlo fiorire come una rosa. Nonostante i loro dubbi e i loro lamenti, Dio compì ancora una volta un miracolo ancora più grande: fece sgorgare l'acqua dalla roccia e fece cadere la manna dal cielo!
Il Signore aveva scelto di essere il loro Dio: Israele sarebbe stato il suo popolo ed Egli li avrebbe condotti in un paese grande e fertile. Ma gli ebrei si scoraggiavano troppo facilmente di fronte agli ostacoli che incontravano nel loro viaggio. Il Signore li aveva liberati dalla schiavitù d’Egitto in modo miracoloso; Egli voleva nobilitarli, educandoli in modo che potessero raggiungere un tale livello morale da riempire di ammirazione le altre nazioni. Per raggiungere questo obbiettivo era necessario affrontare difficoltà e sopportare privazioni. Dio avrebbe reso quel popolo di schiavi degno di occupare un posto d’onore fra le nazioni e apprendere verità sacre e importanti. Se gli ebrei avessero avuto fiducia in colui che era intervenuto in loro favore, avrebbero sopportato con coraggio qualsiasi prova. Invece, benché fossero stati più volte testimoni di chiare manifestazioni della potenza divina, essi non erano disposti a fidarsi del Signore. Dimenticarono l’amara esperienza che avevano vissuto in Egitto, la bontà e la potenza che Dio aveva dimostrato nel liberarli dalla schiavitù. Dimenticarono che il Signore aveva salvato la vita dei loro figli, quando l’angelo sterminatore aveva ucciso tutti i primogeniti d’Egitto. Dimenticarono lo straordinario miracolo del passaggio del mar Rosso, quando avevano percorso sani e salvi la strada che si era aperta davanti a loro mentre l’esercito nemico, lanciatosi all’inseguimento, era stato travolto dalle acque del mare. Riuscivano a percepire soltanto le difficoltà, e invece di dire: “Dio ha fatto grandi cose per noi che eravamo degli schiavi, facendoci diventare una grande nazione” parlavano delle difficoltà del viaggio e si chiedevano quando si sarebbe concluso quel fastidioso pellegrinaggio. Le vicende di Israele, nel suo cammino lungo il deserto, sono state tramandate come insegnamento per i credenti che vivranno negli ultimi tempi della storia umana. Le esperienze che gli ebrei vissero con Dio nei quarant’anni del loro peregrinare, tra sofferenze, sete, fame e stanchezza, costituiscono un importante patrimonio di avvertimenti e consigli per i credenti di tutte le epoche. Nel racconto di queste vicende, infatti, si inseriscono puntualmente, i potenti interventi con cui Dio ha sempre sostenuto il suo popolo. Il percorso degli ebrei attraverso il deserto li preparò in vista del loro ingresso nella terra promessa, in Canaan. Dio vuole che il suo popolo, negli ultimi tempi, rifletta con umiltà sulle prove affrontate dagli israeliti, per imparare a prepararsi per entrare nella Canaan celeste. PP 241.2
Leggi Esodo 15:22-27. Dopo aver attraversato il Mar Rosso, qual era il contesto in cui avvenne il primo miracolo?
Dalle rive del mar Rosso, disseminate dei cadaveri dei nemici, il popolo d’Israele riprese il viaggio, guidato dalla nuvola. Nonostante il paesaggio desolato, le montagne brulle e le pianure aride, gli israeliti erano felici: sapevano di essere ormai liberi. Ogni contestazione era cessata. PP 240.1
Viaggiarono per tre giorni senza riuscire a trovare dell’acqua. Le loro provviste si erano esaurite. Stavano attraversando una pianura assolata, in cui non c’era nessuna sorgente: erano esausti. Niente poteva alleviare la loro sete ardente. Mosè, che a differenza degli altri conosceva bene quella regione, sapeva che l’acqua della sorgente più vicina, quella di Mara, non era potabile. Egli osservava con crescente ansietà la nuvola che continuava ad avanzare davanti agli israeliti. Il cuore gli mancò quando sentì il popolo gridare con gioia: “Acqua! Acqua!” Uomini, donne e bambini si affrettarono a raggiungere la sorgente, ma subito la loro gioia si trasformò in un grido di disperazione: l’acqua era amara. PP 240.2
Nella loro delusione, avevano già dimenticato che era stata la nuvola misteriosa, segno della presenza divina, a guidarli proprio in quel luogo. Rimproverarono Mosè per averli condotti fin lì. Addolorato e preoccupato, fece ciò che essi avevano dimenticato di fare: invocò con tutto se stesso l’aiuto divino. “...E l’Eterno gli mostrò un legno ch’egli gettò nelle acque, e le acque divennero dolci...”. Esodo 15:25. PP 240.3
Tramite Mosè, Israele ricevette questa promessa: “Se ascolti attentamente la voce dell’Eterno, ch’è il tuo Dio, e fai ciò ch’è giusto ai suoi occhi e porgi orecchio ai suoi comandamenti e osservi tutte le sue leggi, io non ti manderò addosso alcuna delle malattie che ho mandate addosso agli Egiziani, perché io sono l’Eterno che ti guarisco”. Esodo 15:26. PP 240.4
Leggi Esodo 16:1-36. Qual era la causa del malcontento degli Israeliti e cosa ne seguì?
Dall’oasi di Mara, il popolo raggiunse Elim, dove trovò “dodici sorgenti d’acqua e settanta palme”. Gli israeliti vi rimasero per alcuni giorni, prima di affrontare il deserto del Sinai. Un mese dopo aver lasciato l’Egitto si fermarono, accampandosi per la prima volta nel deserto. Le scorte stavano per finire e la vegetazione era insufficiente a sfamare le loro greggi, che stavano assottigliandosi. Di che cosa si sarebbero nutriti? Il dubbio li assalì ancora e i mormorii ricominciarono. Questa volta, però, le contestazioni del popolo erano condivise anche dai capi e dagli anziani, che criticarono apertamente le guide che Dio aveva scelto. “...Oh, fossimo pur morti per mano dell’Eterno nel paese d’Egitto” dicevano “quando sedevamo presso le pignatte della carne e mangiavamo del pane a sazietà! Poiché voi ci avete menati in questo deserto per far morir di fame tutta questa raunanza”. Esodo 16:3. PP 240.5
Avevano sempre avuto cibo a sufficienza, disponevano ancora di scorte, ma temevano per il futuro. Non riuscivano a comprendere come quella folla avrebbe potuto sopravvivere durante il viaggio attraverso il deserto: vedevano già i loro figli morire di fame. Il Signore permetteva che sorgessero delle difficoltà e che le scorte di cibo scarseggiassero, per disporli a rivolgersi a colui che poco tempo prima era stato il loro Liberatore. Se lo avessero pregato, nel momento della necessità, Egli avrebbe manifestato il suo amore e la sua premura per loro. In cambio della loro ubbidienza, il Signore aveva garantito che nessuna malattia li avrebbe colpiti. Nonostante queste promesse, al pensiero che i loro figli potessero morire di fame, essi peccarono di scetticismo. PP 241.1
Dio non aveva dimenticato le esigenze d’Israele e disse ai capi del popolo: “Io farò piovere del pane dal cielo”. Furono date disposizioni affinché tutti ne raccogliessero giornalmente una razione: il sesto giorno, per poter osservare il sabato, la porzione sarebbe stata doppia. PP 243.2
Allora Mosè parlò agli israeliti, annunciando che le loro necessità sarebbero state soddisfatte: “...Vedrete la gloria dell’Eterno quando stasera Egli vi darà della carne da mangiare e domattina del pane a sazietà”. E aggiunse: “...Quanto a noi, che cosa siamo? Le vostre mormorazioni non sono contro di noi, ma contro l’Eterno”. Poi Aronne disse: “...Avvicinatevi alla presenza dell’Eterno, perch’Egli ha udito le vostre mormorazioni”. Esodo 16:8, 9. Mentre Aronne parlava ancora gli ebrei “...volsero gli occhi verso il deserto; ed ecco che la gloria dell’Eterno apparve nella nuvola”. Esodo 16:10. La presenza divina si rivelava in una grande luce, proveniente dalla nuvola. PP 243.3
Il Signore si mostrava tramite manifestazioni che facevano diretto appello ai sensi, perché gli israeliti comprendessero che la loro guida non era un semplice uomo come Mosè, ma Dio stesso. Questa consapevolezza li avrebbe spinti a rispettare l’Eterno e ubbidire ai suoi ordini. PP 243.4
All’imbrunire l’accampamento fu invaso da uno stormo così grande di quaglie, da fornire cibo sufficiente per le necessità di ogni famiglia. Il mattino dopo, sul terreno circostante, vi era “...una cosa minuta, tonda, minuta come brina sulla terra” bianca, simile ai semi di coriandolo: il popolo la chiamò “manna”. Mosè disse: “...Questo è il pane che l’Eterno vi dà a mangiare”. Esodo 16:14, 15. PP 243.5
Il popolo la raccolse: quel cibo era sufficiente per tutti; “...poi la riduceva in farina con le macine o la pestava nel mortaio, la faceva cuocere in pentole e ne faceva delle focacce...”. Numeri 11:8. “...E aveva il gusto di schiacciata fatta col miele”. Esodo 16:31. Fu ordinato di raccoglierne un omer — circa quattro litri — per persona, e non oltre, in modo che il giorno dopo non ne avanzasse. Alcuni tentarono comunque di conservarne una certa quantità, ma l’indomani andò a male. La razione della giornata doveva essere raccolta di mattina, perché tutto ciò che rimaneva sul terreno si scioglieva al sole. PP 243.6
Leggi Esodo 17:1-7. Quale lezione avrebbe dovuto imparare il popolo da questo episodio?
Dopo aver lasciato il deserto di Sin, gli israeliti si accamparono a Rephidim. Non vi erano sorgenti d’acqua, e ancora una volta il popolo dubitò dell’aiuto divino. Nella loro cecità e presunzione, gli ebrei si recarono da Mosè con questa richiesta: “...Dateci dell’acqua da bere”. Egli riuscì a conservare la calma e disse: “...Perché contendete con me? Perché tentate l’Eterno?” Infuriati, gli ebrei risposero: “...Perché ci hai fatti salire dall’Egitto per farci morire di sete noi, i nostri figliuoli e il nostro bestiame?” Esodo 17:2, 3. Nel momento in cui era stato loro provveduto il cibo, essi avevano ricordato con vergogna il loro scetticismo e le loro proteste e si erano ripromessi, per il futuro, di avere fiducia in Dio. Ma subito dopo dimenticarono quell’impegno: alla prima difficoltà ricaddero nello stesso errore. La colonna di nuvole che li guidava sembrava nascondere un mistero terribile. E Mosè — si chiedevano — dopo tutto, chi era? Che cosa aveva potuto spingerlo a condurli fuori dall’Egitto? Il sospetto e la diffidenza si insinuarono in loro: con grande arroganza, accusarono Mosè di aver progettato la loro morte e quella dei loro figli, sottoponendoli a privazioni e stenti, allo scopo di arricchirsi con i loro beni. Accecati dalla collera e dal risentimento, furono quasi sul punto di lapidarlo. PP 245.5
“Schiantò rupi nel deserto, e li abbeverò copiosamente, come da’ gorghi. Fece scaturire i ruscelli dalla roccia e ne fece scendere dell’acqua a guisa di fiumi”. Salmi 78:15, 16. Mosè percosse materialmente la roccia, ma il Figlio di Dio, nascosto nella nube, gli era accanto. Il Cristo fece fluire l’acqua che avrebbe donato la vita agli israeliti. Mosè, gli anziani e il popolo, che stava a una certa distanza, contemplarono la gloria di Dio: se la nuvola fosse stata rimossa, sarebbero stati uccisi dal terribile splendore di colui che vi si nascondeva. PP 246.1
Quando il popolo assetato aveva detto: “...L’Eterno è Egli in mezzo a noi, sì o no?” Esodo 17:7. “Perché ci ha fatti salire dall’Egitto per farci morire di sete?” (Esodo 17:3), aveva “tentato” Dio. Questo scetticismo costituiva davvero un atteggiamento insostenibile. Mosè aveva temuto che Dio punisse Israele; per questo egli chiamò quel luogo Massah, cioè tentazione, e Meribah, contesa, in ricordo di quel peccato. PP 246.2
Leggi Esodo 18:1–27. Quali passi importanti nella storia della nazione hanno avuto luogo qui?
Immaginando i pericoli che avrebbe affrontato per liberare Israele dal dominio egiziano, Mosè si era separato da loro: ora questo sostegno gli veniva restituito. Raccontò a Iethro le meraviglie che Dio aveva compiuto per il suo popolo. L’anziano patriarca se ne rallegrò, benedicendo il Signore per essere intervenuto; insieme a Mosè e agli anziani offrì un sacrificio e organizzò una festa solenne, per ricordare la misericordia di Dio. PP 248.3
Iethro rimase nell’accampamento, e in breve tempo si rese conto di quanto fossero pesanti le responsabilità di Mosè. Mantenere l’ordine e la disciplina all’interno di un gruppo così numeroso e impreparato costituiva davvero un compito molto gravoso. Mosè era riconosciuto come l’autorità suprema: era l’arbitro a cui spettava la parola decisiva non solo per i problemi di carattere generale, riguardanti i doveri d’Israele, ma anche nelle controversie che nascevano in mezzo al popolo. Egli aveva permesso che ciò avvenisse perché desiderava istruire il popolo, per far “...loro conoscere gli ordini di Dio e le sue leggi”, ma Iethro lo rimproverò con queste parole: “Tu ti esaurirai certamente... quest’affare è troppo grave per te; tu non puoi bastarvi da te solo”. Esodo 18:15, 18. PP 248.4
Gli consigliò di nominare dei responsabili, affidando a loro il compito di amministrare gruppi di migliaia, di centinaia e di decine. Dovevano essere “...uomini capaci che temano Dio: degli uomini fidati, che detestino il lucro iniquo...”. Esodo 18:21. PP 248.5
Questi responsabili avrebbero deciso su tutte le questioni di secondaria importanza; solo i casi più difficili sarebbero stati presentati a Mosè. Poi Iethro aggiunse: “...Sii tu il rappresentante del popolo dinanzi a Dio, e porta a Dio le loro cause. Insegna loro gli ordini e le leggi, e mostra loro la via per la quale han da camminare e quello che devon fare”. Esodo 18:19, 20. Il suo consiglio fu accettato: la sua applicazione rese più leggero il lavoro di Mosè e, nello stesso tempo, permise una migliore organizzazione del popolo. PP 249.1
In armonia con questo piano, “Mosè scelse fra tutto Israele degli uomini capaci, e li stabilì capi del popolo: capi di migliaia, capi di centinaia, capi di cinquantine e capi di diecine. E quelli rendevano ragione al popolo in ogni tempo; le cause difficili le portavano a Mosè, ma ogni piccolo affare lo decidevano loro”. Esodo 18:19-26 (Luzzi). UVI 59.1
Leggi 1 Corinzi 10:11. Quale motivo dà Paolo per la registrazione di questi eventi?
«I viaggi dei figli d'Israele sono descritti fedelmente; la liberazione che il Signore operò per loro, la loro perfetta organizzazione e il loro ordine speciale, il loro peccato nel mormorare contro Mosè e quindi contro Dio, le loro trasgressioni, le loro ribellioni, le loro punizioni, i loro cadaveri sparsi nel deserto a causa della loro riluttanza a sottomettersi ai saggi disegni di Dio: questo quadro fedele è appeso davanti a noi come monito affinché non seguiamo il loro esempio di disobbedienza e non cadiamo come loro. GW92 159.2
«Ma Dio non si compiacque di molti di loro, che furono sterminati nel deserto. Ora queste cose sono diventate per noi un esempio, affinché non desideriamo le cose malvagie, come essi le desiderarono. Non diventate idolatri, come alcuni di loro, come sta scritto: “Il popolo si sedette per mangiare e bere, poi si alzò per divertirsi”. Né commettiamo fornicazione, come alcuni di loro hanno commesso, e in un solo giorno ne caddero ventitremila. Né tentiamo Cristo, come alcuni di loro hanno tentato, e furono distrutti dai serpenti. Né mormorate, come alcuni di loro hanno mormorato, e furono distrutti dal distruttore. Ora tutte queste cose sono accadute loro come esempio, e sono state scritte per nostra ammonizione, su cui è venuta la fine dei secoli. Perciò chi pensa di stare in piedi, guardi di non cadere». [1 Corinzi 10:5-12.] Dio è cambiato da Dio di ordine? No, è lo stesso nella dispensazione attuale come in quella precedente. Paolo dice: «Dio non è autore di confusione, ma di pace». [1 Corinzi 14:33.] Egli è preciso oggi come allora. E vuole che impariamo lezioni di ordine e di organizzazione dal perfetto ordine istituito ai tempi di Mosè, a beneficio dei figli d'Israele. — Testimonianze per la Chiesa 1:647. GW92 160.1
Leggi Giovanni 4:7-15 e Giovanni 6:31-51. Quali verità vengono rivelate qui a noi cristiani?
La giustizia è amore e l’amore è la luce e la vita di Dio. La giustizia di Dio si è personificata in Cristo. Accettando Gesù otteniamo la giustificazione. Non tramite lotte dolorose o sforzi accaniti, non offrendo doni o facendo sacrifici perché essa è offerta gratuitamente a tutti coloro che desiderano riceverla. “Or voi tutti che siete assetati, venite alle acque; voi che non avete denaro venite, comprate e mangiate! Venite, comprate senza denaro, senza pagare, vino e latte!”. Isaia 55:1, 2. “‘... Questa è l’eredità dei servi del Signore, la giusta ricompensa che verrà loro da me’ dice il Signore”. Isaia 54:17. “...Questo sarà il nome con il quale sarà chiamato: Signore, nostra giustizia”. Geremia 23:6. GMB 29.1
Non c’è nulla su questa terra che possa soddisfare un’anima affamata e assetata. Ma Gesù afferma: “Ecco, io sto alla porta e busso: se qualcuno ascolta la mia voce e apre la porta, io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con me”. Apocalisse 3:20. “...Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete”. Giovanni 6:35.GMB 29.2
Come abbiamo bisogno di cibo per nutrirci abbiamo bisogno del Cristo, il pane che viene dal cielo, per il sostentamento della nostra vita spirituale e per compiere l’opera di Dio. Come il corpo ha bisogno del nutrimento per preservarsi in salute e mantenere le forze, così lo spirito deve essere costantemente in comunione con il Cristo, sottomettersi e dipendere completamente da lui. Come un viandante stanco cerca nel deserto una sorgente e quando l’ha trovata estingue la sua sete, così il cristiano assetato cercherà l’acqua pura della vita di cui il Cristo rappresenta la fonte. GMB 30.1
Il Signore aveva scelto di essere il loro Dio: Israele sarebbe stato il suo popolo ed Egli li avrebbe condotti in un paese grande e fertile. Ma gli ebrei si scoraggiavano troppo facilmente di fronte agli ostacoli che incontravano nel loro viaggio. Il Signore li aveva liberati dalla schiavitù d’Egitto in modo miracoloso; Egli voleva nobilitarli, educandoli in modo che potessero raggiungere un tale livello morale da riempire di ammirazione le altre nazioni. Per raggiungere questo obbiettivo era necessario affrontare difficoltà e sopportare privazioni. Dio avrebbe reso quel popolo di schiavi degno di occupare un posto d’onore fra le nazioni e apprendere verità sacre e importanti. Se gli ebrei avessero avuto fiducia in colui che era intervenuto in loro favore, avrebbero sopportato con coraggio qualsiasi prova. Invece, benché fossero stati più volte testimoni di chiare manifestazioni della potenza divina, essi non erano disposti a fidarsi del Signore. Dimenticarono l’amara esperienza che avevano vissuto in Egitto, la bontà e la potenza che Dio aveva dimostrato nel liberarli dalla schiavitù. Dimenticarono che il Signore aveva salvato la vita dei loro figli, quando l’angelo sterminatore aveva ucciso tutti i primogeniti d’Egitto. Dimenticarono lo straordinario miracolo del passaggio del mar Rosso, quando avevano percorso sani e salvi la strada che si era aperta davanti a loro mentre l’esercito nemico, lanciatosi all’inseguimento, era stato travolto dalle acque del mare. Riuscivano a percepire soltanto le difficoltà, e invece di dire: “Dio ha fatto grandi cose per noi che eravamo degli schiavi, facendoci diventare una grande nazione” parlavano delle difficoltà del viaggio e si chiedevano quando si sarebbe concluso quel fastidioso pellegrinaggio. Le vicende di Israele, nel suo cammino lungo il deserto, sono state tramandate come insegnamento per i credenti che vivranno negli ultimi tempi della storia umana. Le esperienze che gli ebrei vissero con Dio nei quarant’anni del loro peregrinare, tra sofferenze, sete, fame e stanchezza, costituiscono un importante patrimonio di avvertimenti e consigli per i credenti di tutte le epoche. Nel racconto di queste vicende, infatti, si inseriscono puntualmente, i potenti interventi con cui Dio ha sempre sostenuto il suo popolo. Il percorso degli ebrei attraverso il deserto li preparò in vista del loro ingresso nella terra promessa, in Canaan. Dio vuole che il suo popolo, negli ultimi tempi, rifletta con umiltà sulle prove affrontate dagli israeliti, per imparare a prepararsi per entrare nella Canaan celeste. PP 241.2
Molti si stupiscono dello scetticismo e delle contestazioni degli israeliti, e pensano che al loro posto non sarebbero stati così ingrati. Tuttavia, quando la loro fede viene messa alla prova, spesso sono sufficienti piccole difficoltà per dimostrare che la loro pazienza e la loro fedeltà non sono superiori a quelle degli antichi israeliti. Quando attraversano momenti difficili, si lamentano delle occasioni che Dio ha scelto per eliminare in loro certi difetti. Benché il Signore provveda alle loro necessità quotidiane, nel progettare il futuro molti non sono disposti ad avere fede in lui: sono costantemente in ansia perché temono la povertà e pensano che i loro figli potrebbero essere esposti alle privazioni. PP 242.1
Con la loro immaginazione, alcuni anticipano sempre ciò che potrebbe accadere di negativo, e così i loro problemi aumentano. A causa del loro atteggiamento, non riescono a cogliere i benefici di cui dovrebbero essere grati. Gli ostacoli che incontrano, invece di spingerli a ricercare l’aiuto di Dio unica fonte di forza, li inducono a separarsi da lui perché risvegliano in loro inquietudini e recriminazioni. PP 242.2
Perché essere così scettici, ingrati e diffidenti? Gesù è nostro amico: ogni creatura del cielo desidera il nostro bene. Le nostre ansietà e i nostri timori rattristano lo Spirito Santo. Dobbiamo stare attenti a non farci assorbire da quelle preoccupazioni che, oltre ad affliggerci e a logorarci, non ci aiutano a sopportare le prove. Non dovremmo mai dubitare dell’aiuto divino: la felicità non consiste nel raggiungere obbiettivi materiali ed è negativo mettere al centro della nostra vita la previsione delle necessità future. Dio non desidera che i suoi figli siano vittime dall’ansia. Certo, il Signore non ha dichiarato che sul nostro cammino non incontreremo mai ostacoli. Egli, non ci sottrae a un mondo in cui regnano il peccato e il male, ma ci indica un rifugio sicuro, invitando coloro che sono stanchi e oppressi con queste parole: “Venite a me, voi tutti che siete travagliati ed aggravati, e io vi darò riposo. Prendete su voi il mio giogo ed imparate da me, perch’io son mansueto ed umile di cuore; e voi troverete riposo alle anime vostre”. Matteo 11:28, 29. Possiamo trovare riposo e pace in Dio, confidandogli tutte le nostre preoccupazioni, perché Egli ha cura di noi. Cfr. 1 Pietro 5:7. PP 242.3