«Fammi vedere la tua gloria»

Lezione 12, terzo trimestre, 13-19 settembre 2025

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Sabato pomeriggio 13 settembre

Testo da memorizzare:

«Il Signore passò davanti a lui proclamando: "Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all'ira e ricco di grazia e di fedeltà, che conserva il suo favore per mille generazioni, che perdona la colpa, la trasgressione e il peccato, ma non lascia senza punizione, che castiga la colpa dei padri nei figli e nei figli dei figli fino alla terza e alla quarta generazione". Esodo 34:6, 7


«In solitudine Mosè ripensò alla sua vita piena di difficoltà da quando aveva rinunciato agli onori di corte e a un regno in Egitto per legare il suo destino al popolo eletto da Dio. Ricordò quei lunghi anni nel deserto con le greggi di Jethro, l'apparizione dell'angelo nel roveto ardente e la sua chiamata a liberare Israele. Ancora una volta contemplò i potenti miracoli della potenza di Dio manifestati a favore del popolo eletto e la Sua misericordia longanime durante gli anni del loro vagabondaggio e della loro ribellione. Solo due di tutti gli adulti del vasto esercito che aveva lasciato l'Egitto erano stati trovati così fedeli da poter entrare nella Terra Promessa. La sua vita di prove e sacrifici sembrava essere stata quasi vana. EP 335.2

«Eppure sapeva che la sua missione e il suo lavoro erano stati assegnati da Dio. Quando fu chiamato per la prima volta a guidare Israele fuori dalla schiavitù, rifuggì dalla responsabilità, ma non aveva gettato via il fardello. Anche quando il Signore gli propose di liberarlo e di distruggere il ribelle Israele, Mosè non poté acconsentire. Aveva goduto di speciali segni del favore di Dio; aveva ottenuto una ricca esperienza durante il soggiorno nel deserto nella comunione del Suo amore. Sentiva di aver preso una decisione saggia scegliendo di soffrire con il popolo di Dio piuttosto che godere dei piaceri del peccato per un tempo. EP 335.3

Domenica 14 settembre 

La tenda di convegno


Leggi Esodo 33:7-11. Perché Dio chiese a Mosè di costruire il tabernacolo?

Tra le colpe che Dio punirà, nessuna è più grave di quella commessa da chi incoraggia a compiere il male. Dio vuole che i credenti manifestino lealtà e fedeltà condannando apertamente la trasgressione, anche se ciò può essere doloroso. Coloro che hanno l’onore di eseguire un ordine divino, non devono dimostrarsi deboli e condiscendenti. Essi, piuttosto, devono evitare in ogni modo l’autoesaltazione: senza trascurare i doveri poco piacevoli, dovrebbero compiere l’opera di Dio con rigorosa fedeltà. Anche se Dio aveva accettato le preghiere di Mosè, risparmiando gli ebrei, la loro punizione sarebbe stata esemplare. Se i sentimenti di ribellione e indisciplina che Aronne aveva incoraggiato non fossero stati rapidamente soffocati, Israele sarebbe scivolato nell’anarchia, e presto sarebbe andato incontro alla rovina. Il male quindi doveva essere punito con grande severità. Mosè chiamò il popolo alle porte dell’accampamento e annunciò: “Chiunque è per l’Eterno, venga a me!” Cfr. Esodo 32:26. Coloro che non avevano partecipato alla ribellione dovevano porsi alla destra di Mosè; chi, tra i colpevoli, si era pentito si sarebbero schierato, invece, alla sua sinistra. Quando l’ordine fu eseguito, si vide che la tribù di Levi non aveva partecipato al culto pagano; tra le altre tribù, molti dichiararono di essersi pentiti. Un folto gruppo, tuttavia, costituito per lo più da gruppi etnici eterogenei, lo stesso che aveva incoraggiato la fabbricazione del vitello, persisteva ostinatamente nella sua rivolta. Mosè, nel nome dell’“Eterno, il Dio d’Israele”, ordinò a coloro che erano alla sua destra, che non erano stati contaminati dall’idolatria, di estrarre le spade e uccidere tutti coloro che non si erano pentiti. “E in quel giorno caddero circa tremila uomini”. Esodo 32:28. Indipendentemente dalla loro posizione, dal gruppo a cui appartenevano e dai loro legami di amicizia, i ribelli furono sterminati. Quanti si erano sottomessi al giudizio divino, pentendosi, furono risparmiati. PP 268.3

Con grande tristezza, gli ebrei seppellirono i loro morti: ben tremila persone erano cadute sotto i colpi della spada, e subito dopo la strage un flagello aveva colpito l’accampamento. Essi seppero inoltre che la presenza divina non li avrebbe più accompagnati durante il loro viaggio. L’Eterno infatti aveva dichiarato: “...Io non salirò in mezzo a te, perché sei un popolo di collo duro, ond’io non abbia a sterminarti per via”. Esodo 33:3. In seguito venne dato quest’ordine: “...Togliti i tuoi ornamenti, e vedrò com’io ti debba trattare”. In segno di pentimento e di umiltà “...i figliuoli d’Israele si spogliarono de’ loro ornamenti, dalla partenza dal monte Horeb in poi”. Esodo 33:5, 6. PP 271.1

Per ordine divino, la tenda che serviva temporaneamente da luogo di adorazione fu spostata e piantata “a una certa distanza dal campo”. Era un segno evidente del fatto che Dio si era allontanato da loro, che non si sarebbe più rivelato al popolo, ma solo a Mosè. Il rimprovero fu avvertito in maniera molto acuta e gli israeliti, che sentivano un profondo rimorso per l’accaduto, videro in questo provvedimento il presagio di grandi calamità. Forse il Signore aveva separato Mosè dall’accampamento per sterminarli? Essi conservarono comunque una speranza, perché la tenda che ora si trovava al di fuori del campo, fu chiamata da Mosè “tenda di convegno”. Tutti coloro che si erano sinceramente pentiti e desideravano tornare all’Eterno furono invitati a trovare rifugio in quel luogo per confessare i loro errori e ricercare la misericordia divina. Quando ritornarono alle loro tende, Mosè entrò nel tabernacolo, e il popolo osservò con ansia se si poteva intuire qualche segno di consenso all’intercessione che egli aveva intrapreso in loro favore. Se Dio avesse accettato di incontrarsi con Mosè, essi potevano sperare di non venire sterminati. Così, quando scese la nuvola, fermandosi all’entrata del santuario, tutti gli israeliti piansero di gioia “...e ciascuno si prostrava all’ingresso della propria tenda”. Esodo 33:10. PP 271.2

Lunedì 15 settembre 

Fammi conoscere le tue vie


Leggi Esodo 33:12-17. Cosa chiese Mosè al Signore di insegnargli? Perché chiese la presenza di Dio per guidarli?

Mosè si rendeva pienamente conto della malvagità e della cecità morale di coloro che gli erano stati affidati, e comprendeva le difficoltà che avrebbe dovuto affrontare. Aveva imparato che se voleva esercitare con successo la propria autorità sul popolo, doveva ricercare l’aiuto di Dio. Allora implorò una rivelazione più chiara della volontà divina e per ottenere la certezza della sua presenza, disse: “...Vedi, tu mi dici: Fa’ salire questo popolo! e non mi fai conoscere chi manderai meco. Eppure hai detto: Io ti conosco personalmente e anche hai trovato grazia agli occhi miei. Or dunque, se ho trovato grazia agli occhi tuoi, deh, fammi conoscere le tue vie, ond’io ti conosca e possa trovare grazia agli occhi tuoi. E considera che questa nazione è popolo tuo”. Esodo 33:12, 13. PP 272.1

Dio rispose: “La mia presenza andrà teco e io ti darò riposo”. Esodo 33:14. Ma Mosè non era soddisfatto. Era oppresso dal pensiero delle terribili conseguenze che si sarebbero verificate se Dio avesse abbandonato il popolo alla sua insensibilità e al suo cieco orgoglio. Non poteva sopportare che il suo destino fosse diverso da quello dei suoi fratelli, e pregò Dio di continuare a proteggere il suo popolo e guidarlo ancora attraverso il deserto, manifestando con dei segni la sua presenza: “...Se la tua presenza non vien meco, non ci far partire di qui. Poiché come si farà ora a conoscere che io e il tuo popolo abbiam trovato grazia agli occhi tuoi? Non sarà egli dal fatto che tu vieni con noi? Questo distinguerà me e il tuo popolo da tutti i popoli che sono sulla faccia della terra”. Esodo 33:15, 16. PP 272.2

Martedì 16 settembre 

«Fammi vedere la tua gloria»


Leggi Esodo 33:18-23. Come rispose Dio alla richiesta di Mosè di vedere la Sua gloria?

E il Signore disse: “Farò anche questo che tu chiedi, poiché tu hai trovato grazia agli occhi miei, e ti conosco personalmente”. Esodo 33:17. Benché avesse ottenuto una risposta, il profeta non cessò di implorare il Signore. Ogni sua preghiera era stata esaudita, ma egli desiderava ardentemente una manifestazione più grande del favore divino, e così formulò una richiesta che nessun uomo aveva mai presentato: “Deh, fammi vedere la tua gloria”. Esodo 33:18. Dio non considerò presuntuosa questa richiesta, ma rispose con grande bontà: “Io farò passare davanti a te tutta la mia bontà”. Esodo 33:19. Nessun mortale poteva sopravvivere di fronte alla completa manifestazione della gloria divina, ma a Mosè fu assicurato che avrebbe potuto contemplare lo splendore della divinità finché le sue facoltà umane avrebbero potuto tollerare quella visione. Sulla cima della montagna, la stessa mano che aveva fatto il mondo, che “...trasporta le montagne senza che se ne avvedano...” (Giobbe 9:5), prese quella creatura, quel potente uomo di fede, e lo posò in un anfratto roccioso; quindi fece passare davanti a lui la rivelazione di tutta la sua gloria e bontà. PP 272.3

Questa esperienza, ma soprattutto la promessa del conforto della presenza divina, diede a Mosè la certezza di riuscire nella missione che lo attendeva, ed egli la considerò molto più preziosa di tutto ciò che aveva imparato in Egitto dai condottieri militari e dagli uomini di stato. Nessuna cultura, nessun potere terreno possono sostituire la costante presenza di Dio. PP 273.1

Per chi commette un errore, è terribile trovarsi in potere di Dio; Mosè rimase solo davanti all’Eterno, senza alcun timore, perché si sentiva in armonia con il suo Creatore. Il salmista dice: “Se nel mio cuore avessi avuto di mira l’iniquità, il Signore non m’avrebbe ascoltato”. Salmi 66:18. Ma “il segreto dell’Eterno è per quelli che lo temono ed Egli fa loro conoscere il suo patto”. Salmi 25:14. PP 273.2

Dio proclamò di se stesso: “...L’Eterno! L’Eterno! L’Iddio misericordioso e pietoso lento all’ira, ricco in benignità e fedeltà, che conserva la sua benignità fino alla millesima generazione, che perdona l’iniquità, la trasgressione e il peccato ma non terrà il colpevole per innocente... E Mosè subito s’inchinò fino a terra, e adorò”. Esodo 34:6-8. Ancora una volta, egli aveva ottenuto da Dio il perdono per quel popolo che considerava come la sua stessa discendenza. La preghiera era stata esaudita: il Signore, nella sua generosità, aveva promesso di confermare la sua benevolenza nei confronti d’Israele e compiere in sua difesa azioni straordinarie, mai viste “su tutta la terra né in alcuna nazione”. PP 273.3

Anche questa volta Mosè rimase sulla montagna quaranta giorni e quaranta notti, miracolosamente sostenuto durante tutto quel periodo. A nessun uomo era stato permesso di salire con lui né avvicinarsi alla montagna, durante la sua assenza. Seguendo un ordine divino, Mosè aveva preparato due tavole di pietra e le aveva portate in cima alla montagna. E ancora una volta “...l’Eterno scrisse sulle tavole le parole del patto, le dieci parole”. Esodo 34:28. PP 273.4

Mercoledì 17 settembre 

L'autorivelazione di Dio


Leggi Esodo 34:1-28. In che modo Dio rivelò la Sua gloria a Mosè?

Dio proclamò di se stesso: “...L’Eterno! L’Eterno! L’Iddio misericordioso e pietoso lento all’ira, ricco in benignità e fedeltà, che conserva la sua benignità fino alla millesima generazione, che perdona l’iniquità, la trasgressione e il peccato ma non terrà il colpevole per innocente... E Mosè subito s’inchinò fino a terra, e adorò”. Esodo 34:6-8. Ancora una volta, egli aveva ottenuto da Dio il perdono per quel popolo che considerava come la sua stessa discendenza. La preghiera era stata esaudita: il Signore, nella sua generosità, aveva promesso di confermare la sua benevolenza nei confronti d’Israele e compiere in sua difesa azioni straordinarie, mai viste “su tutta la terra né in alcuna nazione”. PP 273.3

Anche questa volta Mosè rimase sulla montagna quaranta giorni e quaranta notti, miracolosamente sostenuto durante tutto quel periodo. A nessun uomo era stato permesso di salire con lui né avvicinarsi alla montagna, durante la sua assenza. Seguendo un ordine divino, Mosè aveva preparato due tavole di pietra e le aveva portate in cima alla montagna. E ancora una volta “...l’Eterno scrisse sulle tavole le parole del patto, le dieci parole”. Esodo 34:28. PP 273.4

Giovedì 18 settembre

Il volto radioso di Mosè


Leggi Esodo 34:29-35. Qual era la causa del volto radioso di Mosè?

Durante il lungo periodo trascorso in comunione con Dio il volto di Mosè aveva assunto il riflesso della gloria divina. Anche quando egli discese dalla montagna il suo viso era illuminato da uno splendore abbagliante, di cui non era consapevole. Era la stessa luce che avrebbe illuminato il volto di Stefano, trascinato davanti ai giudici; “e tutti coloro che sedevano nel Sinedrio, avendo fissati in lui gli occhi, videro la sua faccia simile alla faccia d’un angelo”. Atti 6:15. Quando videro Mosè, Aronne e il popolo si allontanarono perché “temettero d’accostarsi a lui”. Cfr. Esodo 34:30. Ignorando la causa di tanta confusione e terrore, il condottiero degli israeliti insistette perché la gente si avvicinasse, e indicò il segno della riconciliazione con Dio, confermando che l’Eterno aveva perdonato Israele. La folla percepì nella sua voce un tono affettuoso e supplichevole, e infine qualcuno osò avvicinarsi a lui ma, troppo spaventato per parlargli, indicò la sua espressione e quindi il cielo. Allora Mosè comprese cosa volesse dirgli. Consapevoli delle loro colpe e della disapprovazione di Dio, gli ebrei non riuscivano a sopportare la luce divina che, se avessero ubbidito alla sua volontà, li avrebbe riempiti di gioia. Chi ha compiuto un’azione malvagia ha paura: chi invece è libero da sensi di colpa non cerca di evitare la luce che proviene dal cielo. PP 273.5

Mosè aveva molte cose da riferire loro, ma comprese quel timore e si coprì il volto con un velo che indossò ogni volta che ritornava al campo, dopo essere stato in presenza di Dio. PP 274.1

Con questo splendore, Dio voleva imprimere nella mente degli israeliti la sacralità della sua legge e la gloria del Vangelo, rivelato attraverso il Cristo. Sul Sinai Dio non presentò a Mosè soltanto le tavole della legge ma anche l’intero progetto per la salvezza dell’uomo. Egli vide il sacrificio del Cristo, prefigurato da tutti i simboli della tradizione ebraica. Ciò che rendeva così luminoso il volto di Mosè erano il fiume di luce che proveniva dal Calvario e la gloria della legge di Dio. La luce divina era il simbolo della solennità della grazia, di cui Mosè era lo strumento umano, come rappresentante dell’unico e vero mediatore fra Dio e l’uomo, il Cristo. PP 274.2

Leggi 2 Corinzi 3:18. In che modo Gesù può trasformarti gradualmente a Sua immagine?

«I discepoli non solo videro il Signore ascendere, ma ebbero anche la testimonianza degli angeli che Egli era andato ad occupare il trono del Padre in cielo. L'ultimo ricordo che i discepoli avrebbero avuto del loro Signore era quello dell'Amico compassionevole, il Redentore glorificato. Mosè velò il suo volto per nascondere la gloria della legge che si rifletteva su di esso, e la gloria dell'ascensione di Cristo fu velata alla vista umana. Lo splendore della scorta celeste e l'apertura delle gloriose porte di Dio per accoglierlo non potevano essere percepiti dagli occhi mortali. 3SP 254.2

«Se il cammino di Cristo verso il cielo fosse stato rivelato ai discepoli in tutta la sua gloria inesprimibile, essi non avrebbero potuto sopportarne la vista. Se avessero visto le miriadi di angeli e udito le grida di trionfo dalle mura del cielo, mentre le porte eterne venivano sollevate, il contrasto tra quella gloria e la loro vita in un mondo di prove sarebbe stato così grande che difficilmente sarebbero stati in grado di riprendere il fardello della loro vita terrena, pronti a eseguire con coraggio e fedeltà il compito loro affidato dal Salvatore. Persino il Consolatore, lo Spirito Santo che era stato mandato loro, non sarebbe stato apprezzato adeguatamente, né avrebbe rafforzato i loro cuori a sufficienza per sopportare il disprezzo, l'oltraggio, la prigionia e la morte, se necessario. 3SP 255.1

Venerdì 19 settembre 

Approfondimento

La gloria riflessa sul volto di Mosè è un esempio delle benedizioni offerte al popolo che osserva i comandamenti di Dio, attraverso Gesù. Essa dimostra che più stretto è il contatto spirituale fra Dio e l’uomo, più sarà reso conforme all’immagine divina e partecipe della sua natura. PP 274.3

Mosè è una rappresentazione simbolica del Cristo. Egli agì come strumento di Dio per il bene d’Israele e nascose con un velo il suo volto perché il popolo non avrebbe potuto sostenere la vista della gloria di Dio. Così il Cristo, il nostro Signore e intermediario presso Dio, rivestì di umanità la sua natura divina quando venne sulla terra. Se egli avesse conservato lo splendore della divinità non avrebbe potuto avere alcun contatto con l’umanità decaduta. Infatti, non sarebbe stato possibile per gli esseri umani resistere alla maestà della sua presenza. Così Gesù umiliò se stesso, e fu reso “simile a carne di peccato” (cfr. Romani 8:3), perché potesse raggiungere l’uomo perduto ed elevarlo a sé. PP 274.4