“Alle tre Gesù gridò con voce forte: Eloì, Eloì, lemà sabactàni?, che significa: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” Marco 15:34
“Il Salvatore non emise alcun mormorio di lamentela. Il Suo volto rimase calmo e sereno, ma grandi gocce di sudore si posarono sulla Sua fronte.... Mentre i soldati facevano il loro lavoro spaventoso, Gesù pregò per i Suoi nemici: “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno”. .... CSA 37.4
“La preghiera di Cristo per i Suoi nemici abbracciava il mondo. Ha coinvolto tutti i peccatori che hanno vissuto o che vivranno, dall'inizio del mondo fino alla fine dei tempi. Su tutti grava la colpa di aver crocifisso il Figlio di Dio. A tutti viene offerto gratuitamente il perdono. “Chiunque voglia” può avere pace con Dio ed ereditare la vita eterna. CSA 37.5
“Non appena Gesù fu inchiodato alla croce, fu sollevato da uomini forti e con grande violenza fu spinto nel luogo preparato per esso. Questo causò la più intensa agonia al Figlio di Dio. Pilato scrisse poi un'iscrizione in ebraico, greco e latino e la pose sulla croce, sopra la testa di Gesù. Essa recitava: “Gesù di Nazareth, il Re dei Giudei”. .... CSA 37.6
“Nella provvidenza di Dio, questo doveva risvegliare la riflessione e l'indagine sulle Scritture. Il luogo dove Cristo fu crocifisso era vicino alla città. Migliaia di persone provenienti da tutti i Paesi si trovavano a Gerusalemme e l'iscrizione che dichiarava Gesù di Nazareth il Messia sarebbe stata notata da loro. Era una verità vivente, trascritta da una mano che Dio aveva guidato....”. CSA 37.7
Leggi Marco 15:1-15. Che tipo di situazione ironica si verifica qui?
Pilato non era un giudice giusto e coscienzioso, ma nonostante ciò si rifiutò di accogliere una richiesta simile. Non era disposto a condannare Gesù senza un’accusa valida. SU 555.5
I sacerdoti non sapevano che cosa fare. Cercarono di camuffare i loro moventi facendo ricorso alla peggiore ipocrisia. Non volevano far apparire che Gesù era stato arrestato per motivi religiosi, altrimenti le loro istanze non avrebbero avuto nessun valore per Pilato. Volevano dimostrare, invece, che Gesù agiva contro la legge e che doveva essere condannato come ribelle. Frequentemente sorgevano fra gli ebrei tumulti e insurrezioni contro il dominio romano; i romani reprimevano severamente questi tentativi e vigilavano con cura affinché non scoppiasse nessuna rivolta. SU 556.1
Solo pochi giorni prima i farisei avevano cercato di far cadere in trappola Gesù con la domanda: “È egli lecito a noi pagare il tributo a Cesare o no?” Ma Gesù aveva smascherato la loro ipocrisia. I romani presenti avevano visto il pieno fallimento di quei complotti e l’imbarazzo dei farisei quando Gesù aveva risposto: “Rendete dunque a Cesare quel ch’è di Cesare”. Luca 20:22-25. SU 556.2
I sacerdoti, volendo attribuire a Gesù la risposta che avevano sperato di ottenere da lui, ricorsero all’aiuto di falsi testimoni. “E cominciarono ad accusarlo, dicendo: Abbiam trovato costui che sovvertiva la nostra nazione e che vietava di pagare i tributi a Cesare, e diceva d’esser lui il Cristo re”. Luca 23:2. Erano accuse tutte prive di fondamento. I sacerdoti lo sapevano, ma erano disposti allo spergiuro pur di ottenere la condanna di Gesù. SU 556.3
Pilato capì le loro intenzioni e comprese che il prigioniero non aveva complottato contro il governo: l’aspetto umile e mansueto di Gesù smentiva quell’accusa. Pilato, rendendosi conto che un grave complotto era stato escogitato per uccidere un innocente che ostacolava i progetti dei capi del popolo, si rivolse a Gesù e gli chiese: “Sei tu il re dei Giudei?” Il Salvatore rispose: “Sì, lo sono”. Luca 23:3. E mentre rispondeva, il suo aspetto risplendette come se un raggio di sole lo avesse illuminato. SU 556.4
A quella risposta, Caiafa e quelli che erano con lui dissero che Pilato stesso aveva udito il crimine di cui Gesù era accusato. Scribi, sacerdoti e capi, con grida insistenti, chiedevano la ratifica della condanna a morte. Quelle grida venivano ripetute dalla folla in un baccano assordante. Pilato non sapeva che cosa fare, e vedendo che Gesù non rispondeva nulla ai suoi accusatori, si rivolse a lui e gli disse: “Non rispondi nulla? Vedi di quante cose ti accusano! Ma Gesù non rispose più nulla”. Marco 15:4, 5. SU 556.5
Leggi Marco 15:15-20. Che cosa fecero i soldati a Gesù e qual è il suo significato?
“Gesù, estenuato dalla stanchezza e ricoperto di ferite, fu flagellato alla vista di tutti. “Allora i soldati lo menarono dentro la corte che è il Pretorio, e radunarono tutta la coorte. E lo vestirono di porpora; e intrecciata una corona di spine, gliela misero intorno al capo, e cominciarono a salutarlo: Salve, Re de’ Giudei! Gli sputavano addosso, e postisi in ginocchioni, si prostravano dinanzi a lui”. Marco 15:16-19. Talvolta alcuni afferravano la canna che gli era stata messa tra le mani e ne colpivano la corona che gli era stata sistemata intorno al capo, facendo penetrare le spine nella carne e sgorgare il sangue, che inondava il volto. SU 563.4
Trasalite o cieli e si stupisca la terra davanti agli oppressori e all’oppresso! Una folla furiosa circonda il Salvatore del mondo. Beffe e sarcasmo si intrecciano con le maledizioni e le imprecazioni. La folla insensibile commenta con sarcasmo l’umile nascita e la vita modesta di Gesù, e prende in giro la sua pretesa di essere Figlio di Dio; lo scherno volgare e le risa beffarde passano di bocca in bocca. SU 563.5
Satana era alla testa di quella folla crudele che insultava il Salvatore. Egli mirava a provocare in Gesù una reazione, a spingerlo a compiere un miracolo per se stesso, per infrangere così il piano della salvezza. Se la sua umanità avesse vacillato ed Egli non fosse riuscito a sopportare la terribile prova, l’Agnello di Dio sarebbe stato un’offerta imperfetta: la redenzione dell’uomo sarebbe fallita. Ma colui che avrebbe potuto chiamare l’esercito del cielo in suo aiuto, colui che avrebbe potuto suscitare terrore nella folla manifestando la sua divina maestà, si sottomise con perfetta calma agli insulti più vili e crudeli. SU 563.6
Pilato ordinò che Barabba fosse condotto nella corte. Presentò alla folla i due prigionieri, l'uno accanto all'altro, e indicando il Salvatore disse con voce supplichevole e solenne: “Ecco l'uomo!” Giovanni 19:5. “Ve lo conduco fuori, affinché sappiate che non trovo in lui nessuna colpa”. Versetto 4. GDN 563.5
II Aglio di Dio era là, con addosso gli abiti dello scherno e la corona di spine. Nudo Ano alla vita, la sua schiena mostrava le piaghe delle crudeli sferzate dalle quali colava abbondante il sangue. Anche il suo volto era macchiato di sangue e vi si leggevano i segni della stanchezza e del dolore, ma mai aveva avuto un'espressione tanto bella. Il volto del Salvatore non era sfigurato, ed esprimeva rassegnazione e benevolenza per i suoi crudeli nemici. Nel suo atteggiamento non vi era nessun segno di debolezza, ma solo la forza e la dignità di un animo paziente. Il prigioniero che era al suo fianco aveva un aspetto del tutto diverso, quello dell'uomo scellerato. Il contrasto fra i due era evidente agli occhi di tutti. Alcuni degli astanti non poterono trattenere le lacrime, e i loro cuori si riempirono di simpatia per Gesù. Perfino i sacerdoti e i capi si convinsero che egli era veramente colui che diceva di essere. GDN 563.6
Non tutti i soldati romani che stavano intorno a Gesù avevano l'animo indurito; alcuni cercavano invano sul suo volto la prova che fosse un criminale o un rivoluzionario, poi volgevano lo sguardo su Barabba: non ci voleva molta perspicacia per giudicare. Poi i loro occhi tornavano a posarsi su colui che veniva processato, e consideravano quell'essere sofferente con sentimenti di profonda pietà. La sottomissione silenziosa di Gesù fece imprimere indelebilmente nella loro mente quella scena; un giorno lo avrebbero riconosciuto come Messia o lo avrebbero respinto, decidendo così il loro destino.GDN 564.1
Pilato ammirava la pazienza del Salvatore, dalla cui bocca non usciva un lamento. Era sicuro che vedendo quell'uomo così diverso da Barabba, gli ebrei avrebbero provato compassione. Ma egli non conosceva bene l'odio fanatico dei sacerdoti per colui che era la luce del mondo e che era venuto per smascherare le loro tenebre e i loro errori. Essi avevano eccitato il furore della folla, e di nuovo sacerdoti, capi e popolo facevano echeggiare il loro lugubre grido: “Crocifiggilo, crocifiggilo!” Alla fine, spazientito per la loro irragionevole crudeltà, Pilato gridò: “Prendetelo voi e crocifiggetelo; perché io non trovo in lui alcuna colpa”. Giovanni 19:6 GDN 564.2
Leggi Marco 15:21-38. Quale terribile e dolorosa ironia appare in questi passaggi?
Mentre Gesù usciva dal cortile del palazzo di Pilato, gli venne posta sulle spalle ferite e sanguinanti la croce preparata per Barabba.. Ma il Salvatore, debole e sofferente, non poteva portare quel peso. GDN 569.4
Durante la lunga agonia del Getsemani Gesù aveva lottato contro le forze sataniche. Aveva provato l'angoscia del tradimento e aveva visto i discepoli abbandonarlo e fuggire. Era stato condotto da Anna e da Caiafa, poi da Pilato. Era stato mandato da Erode, e infine rimandato da Pilato. Era passato da un insulto a un altro, da una beffa a un'altra; per due volte era stato flagellato, e tutto il tormento della notte lo aveva ridotto all'estremo delle forze. Ma Cristo non aveva perso la sua presenza di spirito e non aveva pronunciato nessuna parola che non fosse di gloria a Dio. Durante tutta l'infelice farsa del processo, aveva avuto un atteggiamento di dignitosa fermezza. Ma quando, dopo la seconda flagellazione, gli venne posta addosso la croce, la sua natura umana non poté sopportarla e perse l'equilibrio sotto quel peso. La folla lo vide incerto e vacillante ma, anziché provare compassione, lo ingiuriava e lo scherniva per la sua debolezza. La croce gli venne posta nuovamente sulle spalle, ma nuovamente Gesù cadde. I suoi persecutori si resero conto che non poteva portare quel peso, ma si chiedevano chi avrebbe acconsentito a prendere quel fardello infamante. Gli ebrei che lo avessero fatto, si sarebbero contaminati e non avrebbero potuto celebrare la Pasqua. Nessuno tra quella folla avrebbe accettato quell'incarico. GDN 569.5
Ma ecco uno straniero, Simone cireneo, che veniva dai campi, incontrò il corteo. Udì gli insulti e le beffe della folla; udì il grido sprezzante: “Fate largo al re dei giudei”. Si stupì, e mentre esprimeva la sua compassione, lo afferrarono e gli misero addosso la croce. GDN 570.1
Simone cireneo aveva sentito parlare di Gesù. I suoi Agli credevano nel Salvatore, ma lui non era un discepolo. Quel servizio a cui lo costrinsero fu una benedizione per lui, e ne fu sempre grato alla Provvidenza. Quell'atto lo indusse ad accettare in seguito, spontaneamente, la croce di Cristo e a portarla sempre volentieri. GDN 570.2
Tra la folla che seguiva quell'innocente verso la morte crudele vi erano numerose donne, la cui attenzione era fissa su Gesù. Alcune di loro lo avevano già visto prima e gli avevano anche portato i loro malati e i loro sofferenti. Alcune erano state guarite. La gente raccontava tutto quello che era accaduto precedentemente, ed esse si stupivano nel veder l'odio della folla per colui verso il quale esse provavano tanta gratitudine. Ma il furore della gente e le parole piene d'ira dei sacerdoti e dei capi non impedirono a quelle donne di esprimere al Salvatore la loro simpatia. E mentre egli cadeva sotto la croce, esse esprimevano lugubri lamenti. GDN 570.3
Giunti sul luogo del supplizio, i prigionieri vennero legati agli strumenti di tortura. I due ladroni si dibattevano fra le mani dei crocifissori; ma Gesù non oppose resistenza. SU 572.2
La preghiera di Gesù per i suoi nemici si estendeva a tutto il mondo, e abbracciava ogni peccatore dal principio sino alla fine dei tempi. Tutti sono responsabili della crocifissione del Figlio di Dio, e tutti possono ottenere liberamente il perdono.SU 573.2
Il sole si rifiutò di illuminare quella scena orrenda. I raggi splendenti di mezzogiorno sparirono all’improvviso e fitte tenebre, simili a un drappo funebre, avvolsero la croce. “Si fecero tenebre per tutto il paese fino all’ora nona”. Luca 23:44. Nessuna eclisse, nessuna causa naturale produsse quella oscurità, fitta come quella di una notte senza luna e senza stelle. Era una testimonianza miracolosa che Dio dava per confermare la fede delle generazioni future. SU 579.3
L’ultima agonia del figlio di Dio fu velata da quelle fitte tenebre. Tutti quelli che videro Gesù nella sua sofferenza si convinsero della sua divinità. Non era possibile dimenticare quel volto. Come la faccia di Caino esprimeva la sua colpa di assassino, così quella di Gesù manifestava l’innocenza, la serenità, la benevolenza, l’immagine di Dio. Ma i suoi accusatori non si resero conto di quella testimonianza. Durante la lunga agonia Gesù era stato oggetto della curiosità di una folla che lo insultava; ora Dio lo copriva misericordiosamente. SU 580.1
I presenti, in silenzio, osservavano la fine di quella scena terribile. Il sole risplendeva, ma la croce restava avvolta nelle tenebre. Sacerdoti e capi guardavano verso Gerusalemme: una densa nuvola si stendeva sulla città e sulla pianura della Giudea. Il Sole di giustizia, la Luce del mondo ritraeva i suoi raggi da quella città, che una volta aveva goduto di tanti privilegi. I lampi minacciosi della collera di Dio erano diretti verso Gerusalemme, la città destinata alla distruzione. SU 581.2
All’improvviso si dissipò anche l’oscurità che avvolgeva la croce, e Gesù, con voce chiara e risonante che parve riecheggiare attraverso tutto il creato, gridò: “È compiuto!... Padre, nelle tue mani rimetto lo spirito mio”. Giovanni 19:30; Luca 23:46. Una luce avvolgeva la croce e il volto del Salvatore risplendeva di una gloria simile a quella del sole. Allora piegò il capo sul petto e spirò. SU 581.3
Leggi Marco 15:33-41. Quali sono le uniche parole di Gesù sulla croce in Marco? Che cosa significa in definitiva la morte di Cristo per tutti noi?
Quando le tenebre che avvolgevano Gesù si furono allontanate, Egli avvertì la sofferenza fisica, e disse: “Ho sete”. Giovanni 19:28. Un soldato romano, impietosito, mise in cima a un ramo di issopo una spugna inzuppata di aceto e l’accostò alle labbra aride di Gesù. Ma i sacerdoti si beffavano della sua agonia. Si erano impauriti nel vedere le tenebre che coprivano la terra; ma, tornata la luce, temettero che Gesù sfuggisse loro. Fraintesero le sue parole “Elì, Elì, lamà sabactanì?”, e con disprezzo dicevano: “Costui chiama Elia”; respinsero l’ultima occasione di lenire le sue sofferenze, e aggiunsero: “Lascia, vediamo se Elia viene a salvarlo”. Matteo 27:47, 49. SU 580.4
L’innocente Figlio di Dio era là, appeso alla croce; la sua carne era lacerata dalle ferite; le sue mani, che si erano tanto prodigate per benedire, erano inchiodate; anche i suoi piedi, instancabili nel servizio, erano stati fissati al legno; la testa regale era trafitta da una corona di spine; quelle labbra tremanti esprimevano gemiti di dolore. Tutto quello che Egli ha sopportato, le gocce di sangue che scendevano dal suo capo, dalle sue mani e dai suoi piedi, l’agonia del suo corpo e l’inesprimibile angoscia della sua anima per la separazione dal Padre, annunciano a ogni uomo questo messaggio: è per te che il Figlio di Dio ha acconsentito a portare il peso del peccato, e per te ha strappato alla morte il suo dominio e ha aperto le porte del cielo. Colui che placò le onde agitate, che fece tremare e fuggire i demoni e le malattie, che aprì gli occhi ai ciechi e chiamò alla vita i morti, si offre sulla croce in sacrificio perché ti ama. Egli prende su di sé il peccato, subisce la collera della giustizia divina e diviene Egli stesso peccato, per amor tuo. SU 581.1
In mezzo alle tenebre orrende, apparentemente abbandonato da Dio, il Cristo aveva bevuto sino in fondo la coppa del dolore umano. In quelle ore terribili aveva confidato nella benevola accettazione del suo sacrificio, di cui il Padre aveva testimoniato nel passato. Egli conosceva il carattere del Padre, ne comprendeva la giustizia, la misericordia e il grande amore; e poneva la sua piena fiducia in colui alla cui volontà aveva sempre ubbidito con gioia. Affidandosi al Padre, in piena sottomissione, superò il senso del suo distacco. Per fede il Cristo riportò la vittoria. Mai prima la terra era stata testimone di un evento simile. La folla restò a contemplare il Salvatore come paralizzata e con il fiato sospeso. Riapparvero le tenebre, si udì un rimbombo simile a quello di tanti tuoni e vi fu un violento terremoto. I presenti furono scaraventati gli uni addosso agli altri: era una scena terribile di confusione e spavento. Grossi massi si staccarono dalle montagne vicine e precipitarono nella pianura. Alcuni sepolcri si aprirono e i morti uscirono dalle tombe. Sembrava che il creato si dissolvesse. Sacerdoti, capi, soldati, carnefici e tutta la folla, muti di terrore, giacevano a terra. SU 581.4
Nel momento in cui Gesù esclamò: “È compiuto!”, dei sacerdoti officiavano nel tempio. Era l’ora del sacrificio della sera. L’agnello, simbolo del Cristo, stava per essere immolato. Il sacerdote, con i sontuosi paramenti sacerdotali, aveva il coltello in mano, come Abramo quando stava per uccidere il proprio figlio. La folla contemplava attenta la scena. Ma in quello stesso momento la terra fu scossa perché il Signore stesso si avvicinava. Con un rumore lacerante la cortina interna del tempio fu strappata in due, da cima a fondo, da una mano invisibile e svelò agli occhi della folla il luogo in cui si manifestava la presenza di Dio. Lì, sul propiziatorio, il Signore esprimeva la sua gloria. Soltanto il sommo sacerdote sollevava la cortina che separava il luogo santissimo dall’altra parte del santuario, una volta l’anno, per fare l’espiazione dei peccati del popolo. Ma adesso quella cortina era strappata in due. Il luogo santissimo del santuario terreno aveva perso il suo carattere sacro. SU 582.1
Ovunque regnavano terrore e confusione. Il sacerdote stava per immolare la vittima, ma il coltello gli cadde dalla mano tremante e l’agnello fuggì. Il simbolo si era incontrato con la sua realtà nel momento della morte del figlio di Dio. Il grande sacrificio era compiuto. La via che dà accesso al santuario è aperta, una via nuova e vivente, accessibile a tutti; l’umanità peccatrice e sofferente non ha più bisogno di aspettare la venuta del sommo sacerdote. Da quel momento in poi il Salvatore avrebbe officiato in cielo come sacerdote e avvocato. Fu come se una voce vivente dicesse agli adoratori: “Sono cessati tutti i sacrifici e tutte le offerte per il peccato. Il Figlio di Dio è venuto secondo la sua Parola”. SU 582.2
“Ecco, io vengo (nel rotolo del libro è scritto di me) per fare, o Dio, la tua volontà”. Per “il proprio sangue, è entrato una volta per sempre nel santuario, avendo acquistata una redenzione eterna”. Ebrei 10:7; 9:12. SU 582.3
Leggi Marco 15:42-47. Qual è il significato dell'intervento di Giuseppe di Arimatea, soprattutto perché tutti i discepoli di Gesù non si vedevano?
Con la morte di Gesù svanirono le speranze dei discepoli. Provavano un’angoscia inesprimibile guardandone le palpebre chiuse, il capo chino, i capelli insanguinati, le mani e i piedi trafitti. Sino all’ultimo momento avevano sperato che non sarebbe morto, e non potevano credere che lo fosse realmente. Sopraffatti dal dolore, non si ricordarono delle parole con cui Egli aveva preannunciato quell’evento. Nulla di tutto ciò che Gesù aveva detto loro li consolava: vedevano solo la croce e la sua vittima insanguinata. Il futuro sembrava loro disperatamente oscuro. La loro fede in Gesù si affievoliva, ma mai come in quel momento essi sentivano di amare il loro Signore, e mai prima di allora avevano compreso così intensamente il suo valore e sentito quanto la sua presenza fosse loro necessaria. SU 593.2
I discepoli avevano un grande rispetto per il corpo di Gesù e volevano dargli una sepoltura onorevole; ma non sapevano come fare. Gesù era stato condannato per tradimento contro il governo romano, e tutti i condannati per questo crimine venivano sepolti in un campo apposito. Giovanni era rimasto accanto alla croce insieme con le donne della Galilea. Esse non volevano che il corpo del loro Signore restasse nelle mani di quei rudi soldati e ricevesse una sepoltura infamante, ma non avevano i mezzi per impedirlo; non avrebbero certo potuto ottenere niente dalle autorità ebraiche né aspettarsi nessuna protezione da Pilato. SU 593.3
Mentre i discepoli erano in grande imbarazzo per questa situazione vennero loro in aiuto Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo. Entrambi erano membri del sinedrio, avevano buone relazioni con Pilato, erano ricchi e influenti ed erano decisi a dare un’onorevole sepoltura al corpo di Gesù. SU 593.4
Giuseppe andò deciso dal governatore romano per chiedergli il corpo di Gesù. Pilato volle prima essere sicuro della sua morte. Gli erano giunti rapporti contrastanti sugli ultimi eventi della crocifissione, e di proposito non gli era stata comunicata la notizia della morte di Gesù. I sacerdoti e i capi lo avevano messo in guardia contro l’intenzione dei discepoli di sottrarne il corpo. Dopo aver udito la richiesta di Giuseppe, Pilato chiamò il centurione che era stato presso la croce e lo interrogò sulla morte di Gesù. Volle una sua testimonianza per accertare quello che Giuseppe gli aveva riferito.SU 593.5
La richiesta di Giuseppe fu accolta. Mentre Giovanni era preoccupato per il seppellimento del suo Signore, Giuseppe tornò con l’ordine di Pilato. Venne anche Nicodemo con una preziosa mistura di mirra e aloe del peso di circa trenta chili: aveva pensato all’imbalsamazione del Salvatore. La persona più onorata di tutta Gerusalemme non avrebbe potuto ricevere maggiori onori alla sua morte. I discepoli si meravigliarono vedendo questi uomini ricchi e potenti interessarsi così tanto del seppellimento del loro Signore. SU 593.6
Né Giuseppe né Nicodemo avevano accettato apertamente il Salvatore mentre era in vita. Temevano che un tale atto li escludesse dal sinedrio, e speravano piuttosto di poterlo aiutare con la loro presenza in quel concilio. Per un po’ di tempo pensarono di esservi riusciti; ma i sacerdoti, invidiosi, vedendo la loro simpatia per Gesù, ne avevano contrastato i piani; e durante la loro assenza, Gesù era stato condannato alla crocifissione. Ora che il Salvatore era morto non c’era più ragione di nascondere il loro affetto per lui; e mentre i discepoli avevano paura di farsi riconoscere in quanto tali, Giuseppe e Nicodemo vennero coraggiosamente in loro aiuto. L’intervento di quei due uomini ricchi e onorati fu molto utile. Essi potevano fare per il loro Maestro morto quello che i poveri discepoli non sarebbero riusciti a fare; il loro influsso e la loro ricchezza li proteggevano dalla collera dei sacerdoti e dei capi. SU 594.1
Delicatamente e rispettosamente deposero con le loro stesse mani il corpo di Gesù dalla croce. Lacrime di commozione scendevano dai loro occhi mentre guardavano il suo corpo ferito e straziato. Giuseppe possedeva una tomba nuova, scavata nella roccia, vicino al Calvario. L’aveva fatta preparare per sé, ma la mise a disposizione di Gesù. Il corpo del Redentore fu amorevolmente avvolto in un lenzuolo di lino, insieme con gli aromi portati da Nicodemo, e adagiato nella tomba. I tre discepoli composero le membra straziate di Gesù e congiunsero le sue mani sul petto inerte. Le donne galilee vennero per assicurarsi che fosse stato fatto tutto ciò che era possibile per le spoglie mortali del loro amato Maestro. Videro anche che una pesante pietra era stata posta all’ingresso del sepolcro, e il Salvatore fu lasciato al suo riposo. SU 594.2
Questa profezia si è adempiuta in maniera evidente. I seguaci di Gesù hanno subìto ogni tipo di offesa, biasimo e crudeltà che Satana poteva istigare nel cuore umano. Avverranno ancora queste cose, perché l’uomo naturale è tuttora avverso alla legge di Dio, e non si sottomette alla sua volontà così come è espressa nei comandamenti. Oggi, il mondo non è più in armonia con i princìpi di Cristo di quanto lo fosse ai giorni degli apostoli. Lo stesso odio che generò il grido: “Crocifiggilo! Crocifiggilo!”, lo stesso odio che provocò la persecuzione dei discepoli, ancora opera nei figli della disubbidienza. Lo stesso spirito che, nel Medioevo, consegnò uomini e donne alla prigione, all’esilio e alla morte, che concepì la raffinata tortura dell’Inquisizione, che ideò ed eseguì il massacro di San Bartolomeo, che alimentò i roghi di Smithfield, è ancora al lavoro con malvagia energia nei cuori non rigenerati dallo Spirito. La storia è sempre stata caratterizzata dalla lotta tra la verità e l’errore. La proclamazione del Vangelo ha fatto dei progressi, nonostante abbia incontrato una forte opposizione e sia stata esposta a pericoli, penurie e sofferenze. UVI 53.