“Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi i vostri peccati". Marco 11:25
I sadducei si illudevano quando pensavano di comprendere meglio di tutti gli altri le Scritture. Gesù dimostrò che essi in realtà non ne comprendevano il vero significato. Questa conoscenza si forma direttamente nel cuore, mediante la luce dello Spirito Santo. Disse che l’ignoranza delle Scritture e della potenza di Dio era la causa dei loro errori. Essi volevano costringere i misteri di Dio entro i limiti del loro ristretto ragionamento. Gesù li invitò ad aprire la mente a quelle sacre verità sulle quali si possono fondare le proprie idee. Migliaia di persone non credono perché le loro menti limitate non riescono a comprendere i misteri di Dio. Siccome non possono spiegarsi la meravigliosa manifestazione della potenza divina nella sua provvidenza, respingono le prove di questo potere e lo attribuiscono a cause naturali, che ignorano non meno delle altre. L’unica via per comprendere i misteri che ci circondano consiste nel riconoscere in essi la presenza e la potenza di Dio. L’uomo ha bisogno di riconoscere Dio come Creatore dell’universo, come colui che stabilisce e governa tutte le cose. Ha bisogno di una visione più ampia del suo carattere e del mistero delle sue vie. SU 458.5
Leggi Marco 11:1-11 e Zaccaria 9:9, 10. Che cosa sta accadendo qui?
Gesù fece il suo ingresso trionfale il primo giorno della settimana. Lo accompagnava la folla che si era raccolta intorno a lui a Betania: tutti volevano assistere al suo trionfo. Molti che erano in cammino verso Gerusalemme per celebrare la Pasqua, si unirono alla folla che seguiva Gesù. Sembrava che tutta la natura si rallegrasse: gli alberi si erano rivestiti di foglie e i fiori diffondevano nell’aria un profumo delizioso. Il popolo sembrava animato da nuova vita e da nuova gioia. Si riaccendevano le speranze della venuta del regno. SU 430.3
Siccome voleva entrare in Gerusalemme a dorso d’asino, Gesù inviò due discepoli a cercare un’asina con il suo puledro. Alla sua nascita accettò l’ospitalità di estranei e ottenne la mangiatoia nella quale fu deposto. In quest’occasione, nonostante fosse suo tutto il bestiame che pascolava sulle colline, Gesù si rivolse alla cortesia di un estraneo per avere un asino sul quale entrare in Gerusalemme come re. Le esatte indicazioni che Gesù dette ai discepoli erano una prova ulteriore della sua divinità. Come aveva detto, fu sufficiente l’affermazione “Il Signore ne ha bisogno”. Matteo 21:3. Gesù voleva un puledro che nessuno avesse ancora cavalcato. I discepoli, pieni di entusiasmo, stesero i loro mantelli sull’animale e vi fecero salire il Maestro. Siccome Gesù aveva sempre viaggiato a piedi, i discepoli si stupirono per il suo desiderio di una cavalcatura, ma subito i loro cuori si riaccesero di speranza pensando che stava per entrare nella capitale dove si sarebbe proclamato re e avrebbe riaffermato il suo potere. Durante il cammino comunicarono la loro speranza agli amici e un’intensa eccitazione si diffuse ovunque; il popolo era fremente. SU 430.4
Gesù stava seguendo l’antica consuetudine ebraica sugli ingressi regali. Cavalcava sullo stesso animale di cui si erano serviti i re d’Israele. I profeti avevano predetto che il Messia sarebbe entrato nel suo regno in questo modo. Appena fu salito sul puledro, si udì un possente grido di trionfo. La folla lo acclamava Messia e Re. Gesù accettò in quel momento l’omaggio che prima aveva sempre respinto; i discepoli considerarono quel fatto come la prova che le loro speranze stavano per attuarsi; la folla era convinta che fosse giunta l’ora della liberazione. SU 430.5
La loro immaginazione vedeva già la partenza dell’esercito romano e la riconquista dell’indipendenza. Tutti erano felici, entusiasti e gareggiavano nel rendere omaggio a Gesù. Non potevano offrire una manifestazione pomposa e splendida, ma offrirono a Gesù l’adorazione dei loro cuori esultanti. Non potevano offrirgli doni costosi, ma stesero i loro mantelli come un tappeto lungo la strada, sulla quale sparsero anche rami di ulivo e di palma. Non potevano guidare il corteo con stendardi regali, ma tagliarono dei rami di palma, simbolo di vittoria, e li agitarono con acclamazioni e osanna. SU 431.1
Leggi Marco 11:12-26. Qual è il significato degli eventi qui rappresentati?
Dopo aver trascorso la notte in preghiera, la mattina Gesù tornò al tempio. Lungo il cammino passò per un frutteto. Aveva fame. “E veduto di lontano un fico che avea delle foglie, andò a vedere se per caso vi trovasse qualche cosa; ma venuto al fico non vi trovò nient’altro che foglie; perché non era la stagion dei fichi”. Marco 11:13. SU 439.2
Solo in certe località si potevano trovare in quel periodo dei fichi maturi, e si poteva dire che negli altipiani che circondavano Gerusalemme la stagione dei fichi non era ancora giunta. Ma in quel frutteto un albero era più avanti degli altri ed era tutto rivestito di foglie. Solitamente i frutti appaiono prima delle foglie; quell’albero verde prometteva di avere frutti ben maturi, ma la sua apparenza ingannava. Gesù cercò fra i rami, ma non trovò “nient’altro che foglie”. Solo foglie, promessa di un frutto mancante. SU 439.3
Gesù allora maledisse quell’albero. “Niuno mangi mai più in perpetuo frutto da te!” Marco 11:14. Il mattino seguente, quando Gesù e i discepoli passarono dallo stesso posto, scorsero i rami secchi e le foglie appassite di quel fico. “Pietro, ricordatosi, gli disse: Maestro, vedi, il fico che tu maledicesti, è seccato”. Marco 11:21. SU 439.4
La maledizione sul fico era una parabola. Quel fico sterile, che ostentava foglie rigogliose, era un simbolo della nazione israelita, Gesù voleva che i discepoli conoscessero il motivo della condanna d’Israele. Per questo attribuì all’albero qualità morali e se ne servì per esporre una verità divina. Gli ebrei si tenevano separati da tutti gli altri popoli per la loro alleanza con Dio. Il Signore aveva concesso loro dei privilegi, e per questo essi si ritenevano più giusti di tutte le altre nazioni. Sebbene contaminati dall’amore del mondo e dalla sete del guadagno, si vantavano della loro conoscenza e, pieni di ipocrisia, in realtà ignoravano la chiara volontà di Dio. Come il fico seccato, stendevano i loro bei rami rigogliosi, ma che non avevano “nient’altro che foglie”. La religione ebraica, con il suo stupendo tempio, con i suoi sacri altari, con i suoi ricchi paramenti sacerdotali, con le sue suggestive cerimonie, aveva una magnifica apparenza esteriore, ma era priva di umiltà, amore e benevolenza. SU 440.1
Tutti gli alberi di fico di quel frutteto non avevano frutta, ma quelli senza foglie non provocavano un’attesa illusoria e una successiva delusione. Quegli alberi simboleggiavano i pagani. Essi, come gli ebrei, non vivevano una vera vita spirituale ma, a differenza di questi ultimi, non facevano professione di servire Dio e non si vantavano della loro religiosità. Erano ciechi davanti alle opere e alle vie di Dio; per loro non era ancora giunta la stagione dei fichi: aspettavano il giorno della luce e della speranza. Gli israeliti invece, che avevano ricevuto grandi benedizioni, dovevano rendere conto del cattivo uso di quei doni. La loro colpa era maggiore, proprio per i privilegi di cui si vantavano. SU 440.2
Questo avvertimento è valido in ogni tempo. La maledizione di Gesù contro il fico, che lui stesso aveva creato con la sua potenza, è un avvertimento per tutte le chiese e tutti i cristiani. Chi non vive per gli altri non può attuare la legge di Dio. Ma vi sono molti che non vivono una vita conforme a quella misericordiosa e disinteressata di Gesù. Molti, che si reputano ottimi cristiani ma che non hanno ancora compreso che cosa significhi servire Dio, hanno come unico obiettivo soddisfare se stessi. Per loro, il tempo ha valore soltanto nella misura in cui possono trarne un profitto personale, e ciò costituisce la loro costante preoccupazione. Operano non in favore del prossimo ma di se stessi. Dio li ha creati per svolgere nel mondo un servizio disinteressato: Egli vuole che aiutino il prossimo in tutti i modi possibili. Ma il loro egoismo è senza limiti e li assorbe completamente, essi vivono divisi dall’umanità. Chiusi in se stessi, sono simili al fico che era bellissimo ma privo di frutti. Curano le forme esteriori della religiosità, ma senza manifestare pentimento e fede. Professano di rispettare la legge di Dio, ma non vi ubbidiscono. Dicono, ma non fanno. La condanna del fico dimostra quanto fossero vane le loro pretese e odiose agli occhi di Dio. Gesù dice che il peccatore dichiarato è meno colpevole di colui che professa di servire Dio senza portare nessun frutto alla sua gloria. SU 441.1
All’inizio del suo ministero, Gesù aveva scacciato dal tempio coloro che lo profanavano con i loro traffici e il suo comportamento severo e divino aveva suscitato terrore in quegli astuti mercanti. Alla fine della sua opera tornò nel tempio e lo vide profanato come in passato, anzi peggio. Il cortile esterno sembrava un recinto per il bestiame; alle grida degli animali e al sonante tintinnio del denaro, si mescolavano le aspre discussioni dei trafficanti, con cui si intrecciava la voce di coloro che svolgevano il servizio sacro. Gli stessi responsabili del tempio erano impegnati nell’acquisto, nella vendita e nel cambio delle monete. Erano così presi dal desiderio di arricchirsi, che agli occhi del Signore non potevano che apparire dei ladri. SU 444.1
Scacciando dal tempio compratori e venditori, Gesù proclamava la sua intenzione di purificare il cuore dal peccato, dai desideri terreni, dall’avidità e dalle cattive abitudini. SU 109.3
“Non dobbiamo andare alla deriva nei canali mondani. Consideriamo la pulizia del tempio all'inizio del ministero di Cristo, e alla fine della sua vita, le sue opere personali sotto le spoglie dell'umanità. Chi trovò intento a guadagnare? I Giudei avevano reso i cortili del tempio una scena di traffico sacrilego. Avevano trasformato l'antica e sacra istituzione della Pasqua in un mezzo di vile profitto. SpTA07 54.1
Oggi questo lavoro sacrilego viene più che ripetuto. Verranno portati dei messaggi; e coloro che hanno rifiutato i messaggi che Dio ha inviato, sentiranno delle dichiarazioni molto sorprendenti. Lo Spirito Santo investirà l'annuncio con una santità e una solennità che appariranno terribili alle orecchie di coloro che hanno ascoltato le suppliche dell'amore infinito e non hanno risposto alle offerte di perdono. La Divinità ferita e offesa parlerà, proclamando i peccati che sono stati nascosti. Come i sacerdoti e i governanti, pieni di indignazione e di terrore, si rifugiarono nella fuga nell'ultima scena della pulizia del tempio, così sarà nell'opera di questi ultimi giorni. I dolori che saranno pronunciati su coloro che hanno avuto la luce dal cielo e non l'hanno ascoltata, li sentiranno, ma non avranno il potere di agire”. SpTA07 54.2
In questo modo, Egli ha avvertito due volte in modo tipico che anche alla chiusura della dispensazione cristiana, Egli purificherà due volte la Sua chiesa: una volta al suggellamento dei primi frutti, i 144.000, e un'altra volta al suggellamento dei secondi frutti, la “grande moltitudine”. Apocalisse 7:1-9.
Leggi Marco 11:27-33. Quale sfida i capi religiosi portarono a Gesù e come Egli rispose?
“Con quale autorità fai tu queste cose? E chi t’ha data codesta autorità?” Matteo 21:23. Si aspettavano che Gesù rispondesse che la sua autorità veniva da Dio, ed erano pronti a confutarlo. Ma Gesù rivolse loro una domanda che sembrava spostare il discorso su un altro argomento, e disse che avrebbe dato una spiegazione solo dopo che essi avessero risposto alla sua domanda. “Il battesimo di Giovanni, d’onde veniva? dal cielo o dagli uomini?” Matteo 21:25. SU 447.2
I sacerdoti si resero conto che quella domanda presentava un problema che non avrebbero potuto risolvere con nessun sofisma. Se avessero risposto che il battesimo e il messaggio di Giovanni erano di origine divina, sarebbe apparsa evidente la loro incoerenza. Gesù allora avrebbe chiesto loro perché non credevano in lui, che aveva testimoniato di Gesù dicendo: “Ecco l’Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo!” Giovanni 1:29. Se i sacerdoti credevano nella testimonianza di Giovanni, come potevano negare la messianicità di Gesù? Se avessero invece espresso la loro vera opinione, secondo cui il ministero di Giovanni era semplicemente umano, avrebbero suscitato l’indignazione generale, perché il popolo credeva che Giovanni fosse un profeta. SU 447.3
Tutti i presenti attendevano la risposta con grande interesse. Sapevano che i sacerdoti avevano ufficialmente accettato il ministero di Giovanni, e si aspettavano che rispondessero che il suo battesimo esprimeva la volontà divina. Ma i sacerdoti, dopo aver parlottato, decisero di non compromettersi e confessarono ipocritamente la loro ignoranza. “Non lo sappiamo”. Gesù disse: “E neppur io vi dirò con quale autorità io fo queste cose”. Matteo 21:27. SU 447.4
Gli scribi, i sacerdoti e i capi furono tutti ridotti al silenzio. Svergognati e delusi, rimasero con gli occhi bassi e non osarono fare ulteriori domande a Gesù. Per la loro codardia e indecisione avevano in gran parte perduto il rispetto del popolo, che ora li osservava soddisfatto di vedere in imbarazzo quegli uomini orgogliosi e presuntuosi. SU 448.1
Leggi Marco 12:1-12. In che modo Gesù diede seguito al Suo rifiuto di rispondere e quale effetto ebbe?
Gesù pronunciò un’altra parabola. “Vi era un padron di casa, il quale piantò una vigna e le fece attorno una siepe, e vi scavò un luogo da spremer l’uva, e vi edificò una torre; poi l’allogò a de’ lavoratori, e se n’andò in viaggio. Or quando fu vicina la stagione de’ frutti, mandò i suoi servitori dai lavoratori per ricevere i frutti della vigna. Ma i lavoratori, presi i servitori, uno ne batterono, uno ne uccisero, e un altro ne lapidarono. Da capo mandò degli altri servitori, in maggior numero de’ primi; e coloro li trattarono nello stesso modo. Finalmente, mandò loro il suo figliuolo, dicendo: Avranno rispetto al mio figliuolo. Ma i lavoratori, veduto il figliuolo dissero tra di loro: Costui è l’erede; venite, uccidiamolo, e facciam nostra la sua eredità. E presolo, lo cacciaron fuori della vigna, e l’uccisero. Quando dunque sarà venuto il padron della vigna, che farà egli a quei lavoratori?” Matteo 21:33-40. SU 449.4
Gesù si era rivolto a tutti i presenti, ma risposero solo i sacerdoti e i capi. “Li farà perir malamente, cotesti scellerati, e allogherà la vigna ad altri lavoratori, i quali gliene renderanno il frutto a suo tempo”. Matteo 21:41. Essi non avevano compreso immediatamente il significato della parabola, ma subito dopo si resero conto di aver pronunciato la loro condanna. Il padrone di casa rappresenta Dio, la vigna rappresenta la nazione ebraica e la siepe la legge divina che la proteggeva. La torre era un simbolo del tempio. Il padrone della vigna aveva fatto tutto quello che occorreva perché portasse frutto. “Che più si sarebbe potuto fare alla mia vigna di quello che io ho fatto per essa?” Isaia 5:4. Veniva così illustrata l’instancabile attenzione di Dio per Israele. Come i lavoratori dovevano rendere al padrone una parte dei frutti della vigna, così il popolo di Dio doveva onorare il Signore con una vita conforme ai suoi sacri privilegi. Come i lavoratori avevano ucciso i servitori mandati dal padrone per ricevere i frutti, così gli israeliti avevano ucciso i profeti che il Signore aveva inviato per invitarli a ravvedersi. Un messaggero dopo l’altro era stato ucciso. Fin lì il significato della parabola era chiaro, ma lo era meno nella parte successiva. I sacerdoti e i capi scorsero una raffigurazione di Gesù e del suo destino imminente nel figlio che il padrone della vigna aveva mandato dai lavoratori ribelli e che essi avevano catturato e ucciso. Stavano complottando per uccidere colui che il Padre aveva inviato per rivolgere l’ultimo appello. Nel castigo inflitto a quei lavoratori ingrati, si intravedeva la condanna di coloro che avrebbero messo a morte Gesù. SU 450.1
Leggi Marco 12:13-27. Cosa succede qui e quali verità insegna Gesù?
I farisei erano sempre stati contrari all’esazione dei tributi da parte dei romani. Ritenevano che il pagamento del tributo fosse contrario alla legge di Dio e lo scelsero come esca per Gesù. Queste spie si accostarono a Gesù, e con un’aria sincera, come se desiderassero conoscere il loro dovere, gli chiesero: “Maestro, noi sappiamo che tu sei verace, e che non ti curi d’alcuno, perché non guardi all’apparenza delle persone, ma insegni la via di Dio secondo verità. È egli lecito pagare il tributo a Cesare o no?” Marco 12:14. SU 455.2
Le parole: “Noi sappiamo che tu sei verace”, se sincere, sarebbero state un magnifico riconoscimento. Ma, sebbene pronunciate per ingannare, erano vere. I farisei sapevano che Gesù parlava e insegnava correttamente, perciò saranno giudicati con le loro stesse regole. SU 455.3
Coloro che posero questa domanda a Gesù pensavano di aver sufficientemente nascosto le loro vere intenzioni; ma Gesù, che leggeva nei cuori come in un libro aperto, si rese conto della loro ipocrisia. Disse: “Perché mi tentate?” Marco 12:15. Con questa domanda dimostrò di conoscere la loro vera intenzione, e dette loro un segno che essi non avevano chiesto. Erano ancora imbarazzati, quando Gesù aggiunse: “Portatemi un denaro, ch’io lo vegga. Dopo che lo ebbero portato, chiese loro: Di chi è questa effigie e questa iscrizione? Essi gli dissero: Di Cesare. Indicando l’effigie, Gesù replicò: Rendete a Cesare quel ch’è di Cesare; e a Dio quel ch’è di Dio”. Marco 12:15-17. SU 455.4
Quelle spie si aspettavano che Gesù desse una risposta diretta alla loro domanda, o affermativa o negativa. Se avesse detto che non era lecito pagare il tributo a Cesare, lo avrebbero denunciato alle autorità romane per istigazione alla ribellione. Se invece avesse affermato che era lecito pagare il tributo, lo avrebbero accusato davanti al popolo di essere contrario alla legge di Dio. Perciò si sentirono confusi e sconfitti. I loro piani erano rovinati. La risposta di Gesù toglieva loro ogni possibilità di continuare su quell’argomento. SU 455.5
“La risurrezione era l'argomento su cui avevano scelto di interrogarLo. Se Lui fosse stato d'accordo con loro, avrebbe offeso ulteriormente i Farisei. Se fosse stato in disaccordo con loro, avevano intenzione di mettere in ridicolo il Suo insegnamento”. DA 605.2
I sadducei dicevano che se il corpo, sia nel suo stato mortale sia in quello immortale, è composto dalle stesse parti di materia, allora, alla risurrezione dai morti, deve avere carne e sangue e riprendere la vita interrotta sulla terra. Concludevano da ciò che si sarebbero dovute ristabilire le relazioni terrene, che mogli e mariti si sarebbero riuniti, che si sarebbero conclusi matrimoni e che tutte le cose sarebbero continuate come prima della morte, con le debolezze e le passioni di questa vita. SU 458.3
Nel rispondere alle loro domande, Gesù sollevò il velo della vita futura. “Perché alla risurrezione né si prende né si dà moglie; ma i risorti son come angeli ne’ cieli”. Matteo 22:30. Disse che i sadducei si sbagliavano e che le loro conclusioni non erano corrette. “Voi errate, perché non conoscete le Scritture, né la potenza di Dio”. Matteo 22:29. Non li accusò di ipocrisia, come aveva fatto con i farisei, ma di errori di dottrina. SU 458.4
I sadducei si illudevano quando pensavano di comprendere meglio di tutti gli altri le Scritture. Gesù dimostrò che essi in realtà non ne comprendevano il vero significato. Questa conoscenza si forma direttamente nel cuore, mediante la luce dello Spirito Santo. Disse che l’ignoranza delle Scritture e della potenza di Dio era la causa dei loro errori. Essi volevano costringere i misteri di Dio entro i limiti del loro ristretto ragionamento. Gesù li invitò ad aprire la mente a quelle sacre verità sulle quali si possono fondare le proprie idee. Migliaia di persone non credono perché le loro menti limitate non riescono a comprendere i misteri di Dio. Siccome non possono spiegarsi la meravigliosa manifestazione della potenza divina nella sua provvidenza, respingono le prove di questo potere e lo attribuiscono a cause naturali, che ignorano non meno delle altre. L’unica via per comprendere i misteri che ci circondano consiste nel riconoscere in essi la presenza e la potenza di Dio. L’uomo ha bisogno di riconoscere Dio come Creatore dell’universo, come colui che stabilisce e governa tutte le cose. Ha bisogno di una visione più ampia del suo carattere e del mistero delle sue vie. SU 458.5
Leggi Marco 12:28-34. Quale domanda profonda fece lo scriba amichevole e quale doppia risposta diede Gesù?
I primi quattro comandamenti del Decalogo sono riassunti nel gran precetto: “Ama dunque il Signore Iddio tuo con tutto il tuo cuore”. Gli ultimi sei sono riassunti nell’altro: “Ama il tuo prossimo come te stesso”. Entrambi questi comandamenti prescrivono l’amore. Non è possibile né osservare il primo e infrangere il secondo, né osservare il secondo e infrangere il primo. Quando Dio occupa nel cuore il posto che gli spetta anche il nostro prossimo ha il posto che gli è dovuto. Possiamo amare sinceramente il nostro prossimo solo se amiamo Dio al di sopra di ogni cosa. SU 460.2
Poiché tutti i comandamenti si riassumono nell’amore per il Signore e per il prossimo, nessuno può venire infranto senza trasgredire il principio dell’amore. Gesù ha insegnato ai suoi uditori che la legge di Dio non consiste in precetti scollegati, alcuni molto importanti e altri trascurabili. Egli presenta i primi quattro e gli altri sei comandamenti come un tutto divino, e insegna che l’amore per il Signore lo si dimostra con l’osservanza dei suoi comandamenti. SU 460.3
Lo scriba che aveva rivolto la domanda a Gesù era bene istruito sulla legge e rimase stupito di fronte alla risposta. Non si aspettava di trovare in Gesù una conoscenza così vasta e profonda delle Scritture. Il Maestro gli aveva offerto una visione più ampia dei princìpi contenuti nei comandamenti e lo scriba riconobbe onestamente davanti ai sacerdoti e ai capi riuniti che Gesù aveva dato la giusta interpretazione della legge. SU 460.4
“E lo scriba gli disse: Maestro, ben hai detto secondo verità che v’è un Dio solo e che fuor di lui non ve n’è alcun altro; e che amarlo con tutto il cuore, con tutto l’intelletto e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso, è assai più che tutti gli olocausti e i sacrifici”. Marco 12:32, 33. SU 460.5
La saggia risposta di Gesù aveva convinto lo scriba, che riconobbe che la religione d’Israele non doveva consistere in cerimonie esteriori, ma nell’amore. Si rese conto dell’inutilità, senza la fede, delle offerte cerimoniali e del sangue sparso per l’espiazione dei peccati. L’amore, l’ubbidienza, il rispetto disinteressato per il prossimo, gli parvero valere più di tutti quei riti. La prontezza di quell’uomo nell’ammettere che la risposta di Gesù era corretta e il riconoscimento pronto e deciso davanti al popolo, rivelavano uno spirito completamente diverso da quello dei sacerdoti e dei capi. Gesù provò simpatia per quello scriba onesto che aveva osato esprimere la propria convinzione, sfidando l’ira dei sacerdoti e le minacce dei capi. “E Gesù, vedendo ch’egli avea risposto avvedutamente, gli disse: Tu non sei lontano dal regno di Dio”. Marco 12:34. SU 460.6
Lo scriba era vicino al regno di Dio perché riconosceva che agli occhi del Signore un comportamento corretto valeva più delle offerte e dei sacrifici. Ma doveva riconoscere anche il carattere divino del Cristo e ricevere mediante la fede il potere di compiere le opere della giustizia. Tutti i riti erano privi di valore se non venivano collegati con il Cristo mediante una fede vivente. Perfino la legge morale svolge la sua funzione solo in rapporto al Salvatore. Il Cristo ha più volte indicato che la legge del Padre contiene qualcosa di più profondo di semplici ordini. Nella legge è racchiuso lo stesso principio che è manifestato nel Vangelo. La legge indica all’uomo il suo dovere e gli mostra la sua colpa, ed egli deve rivolgersi al Cristo per ottenere il perdono e la forza per adempiere le prescrizioni della legge. SU 461.1
Quando Gesù rispose alla domanda dello scriba, i farisei erano intorno a lui. Egli, rivolgendosi a loro, pose questa domanda: “Che vi par egli del Cristo? di chi è egli figliuolo?” Matteo 22:42. Gesù voleva che manifestassero le loro convinzioni relative al Messia: lo consideravano come un uomo o come il figlio di Dio? Un coro di voci rispose: “Di Davide”. Questo era il titolo che i profeti avevano dato al Messia. Quando Gesù aveva manifestato la sua divinità con potenti miracoli, quando aveva guarito gli ammalati e risuscitato i morti, il popolo si era chiesto se non fosse il Figlio di Davide. La donna cananea, il cieco Bartimeo e molti altri che avevano bisogno di aiuto si erano rivolti a lui chiamandolo così. “Abbi pietà di me, Signore, figliuol di Davide”. Matteo 15:22. Mentre cavalcava in direzione di Gerusalemme, era stato salutato con il grido gioioso: “Osanna al Figliuolo di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore!” Matteo 21:9. E i bambini nel tempio avevano in quel giorno fatto eco a quel lieto riconoscimento. Ma molti di coloro che chiamavano Gesù figlio di Davide, non riconoscevano la sua divinità perché non comprendevano che il figlio di Davide era anche Figlio di Dio. SU 461.2
In risposta all’affermazione secondo cui era figlio di Davide, Gesù disse: “Come dunque Davide, parlando per lo Spirito, lo chiama Signore, dicendo: Il Signore ha detto al mio Signore: Siedi alla mia destra finché io abbia posto i tuoi nemici sotto i tuoi piedi? Se dunque Davide lo chiama Signore, com’è egli suo figliuolo? E nessuno potea replicargli parola; e da quel giorno nessuno ardì più interrogarlo”. Matteo 22:43-46. SU 462.1
Quando Gesù rispose alla domanda dello scriba, i farisei erano intorno a lui. Egli, rivolgendosi a loro, pose questa domanda: “Che vi par egli del Cristo? di chi è egli figliuolo?” Matteo 22:42. Gesù voleva che manifestassero le loro convinzioni relative al Messia: lo consideravano come un uomo o come il figlio di Dio? Un coro di voci rispose: “Di Davide”. Questo era il titolo che i profeti avevano dato al Messia. Quando Gesù aveva manifestato la sua divinità con potenti miracoli, quando aveva guarito gli ammalati e risuscitato i morti, il popolo si era chiesto se non fosse il Figlio di Davide. La donna cananea, il cieco Bartimeo e molti altri che avevano bisogno di aiuto si erano rivolti a lui chiamandolo così. “Abbi pietà di me, Signore, figliuol di Davide”. Matteo 15:22. Mentre cavalcava in direzione di Gerusalemme, era stato salutato con il grido gioioso: “Osanna al Figliuolo di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore!” Matteo 21:9. E i bambini nel tempio avevano in quel giorno fatto eco a quel lieto riconoscimento. Ma molti di coloro che chiamavano Gesù figlio di Davide, non riconoscevano la sua divinità perché non comprendevano che il figlio di Davide era anche Figlio di Dio. SU 461.2
In risposta all’affermazione secondo cui era figlio di Davide, Gesù disse: “Come dunque Davide, parlando per lo Spirito, lo chiama Signore, dicendo: Il Signore ha detto al mio Signore: Siedi alla mia destra finché io abbia posto i tuoi nemici sotto i tuoi piedi? Se dunque Davide lo chiama Signore, com’è egli suo figliuolo? E nessuno potea replicargli parola; e da quel giorno nessuno ardì più interrogarlo”. Matteo 22:43-46. SU 462.1