"Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: "Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. “ Marco 8:34
I discepoli non scorgevano quelle scene future. Si stava avvicinando il tempo in cui avrebbero assistito alla sua agonia. Avrebbero visto, tra le mani dei suoi nemici e inchiodato sulla croce del Calvario, colui che avevano amato e in cui avevano confidato. Presto Gesù li avrebbe lasciati privi del conforto della sua presenza visibile. Sapeva che sarebbero stati oggetto di odio e persecuzione e voleva che fossero pronti ad affrontare la prova. SU 309.3
Gesù voleva parlare loro delle sofferenze future, ma preferì appartarsi in preghiera affinché il loro cuore fosse pronto a ricevere le sue parole. In seguito, prima di rivelare le sue sofferenze future, offrì loro l’occasione di confessare la loro fede per rafforzarli in vista della prova. Fece questa domanda: “Chi dice la gente che sia il Figliuol dell’uomo?” Matteo 16:13.SU 309.5
Gesù chiese allora direttamente ai discepoli: “E voi, chi dite ch’io sia?” Pietro rispose: “Tu sei il Cristo, il Figliuol dell’Iddio vivente”. Matteo 16:14, 16. SU 310.1
Gesù rispose a Pietro: “Tu sei beato, o Simone, figliuol di Giona, perché non la carne e il sangue t’hanno rivelato questo, ma il Padre mio che è ne’ cieli”. Matteo 16:17. SU 310.4
Dopo la confessione di Pietro, Gesù proibì ai discepoli di dire a chiunque che era il Messia. Lo proibì per l’irriducibile opposizione degli scribi e dei farisei. Il popolo e gli stessi discepoli avevano una concezione sbagliata del Messia, e se Gesù avesse reso pubblico quel titolo non avrebbero ben compreso il carattere della sua opera. Invece Egli si rivelava loro giorno dopo giorno come il Salvatore e voleva che acquistassero un concetto esatto della sua messianicità. SU 313.1
Leggi Marco 8:22-30. Perché Gesù impiegò due tocchi per guarire il cieco, e quali insegnamenti si ricavano da questo racconto?
“E passando vide un uomo che era cieco fin dalla nascita. E i suoi discepoli lo interrogarono, dicendo: Maestro, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco? Gesù rispose: Né lui peccò, né i suoi genitori; ma è così, affinché le opere di Dio siano manifestate in lui... Detto questo, sputò in terra, fece del fango con la saliva e ne spalmò gli occhi del cieco, e gli disse: Va’, lavati nella vasca di Siloe (che significa: mandato). Egli dunque andò e si lavò, e tornò che ci vedeva”. Giovanni 9:1-7. SU 356.5
" I discepoli condividevano l’opinione degli ebrei sulla relazione esistente tra peccato e sofferenza. Nel correggere questa concezione sbagliata, Gesù non spiegò le cause della sofferenza, ma ne indicò il risultato: affinché le opere di Dio fossero manifestate. Egli disse: “Mentre sono nel mondo, io son la luce del mondo”. Giovanni 9:5. Poi, dopo aver spalmato gli occhi del cieco, lo mandò alla vasca di Siloe affinché si lavasse, e quell’uomo recuperò la vista. Così Gesù aveva risposto alla domanda dei discepoli in modo concreto, come spesso faceva per le domande che erano dettate esclusivamente dalla curiosità. I discepoli non dovevano discutere per sapere chi avesse peccato o chi non avesse peccato, ma semplicemente comprendere la potenza della misericordia di Dio che concedeva la vista ai ciechi. Era chiaro che il fango non possedeva nessuna virtù terapeutica, e neppure l’acqua con cui il cieco si era lavato. Questa virtù si trovava soltanto in Cristo. SU 357.4
Quella guarigione fece restare perplessi i farisei; ma essi manifestarono ancora più il loro odio perché il miracolo era stato compiuto in giorno di sabato. SU 357.5
I vicini del giovane e coloro che sapevano della sua cecità, dicevano: “Non è egli quello che stava seduto a chieder l’elemosina?” Giovanni 9:8. Lo guardavano increduli, perché adesso ci vedeva; il suo aspetto era cambiato così tanto che sembrava un altro uomo. Tutti si ponevano la stessa domanda. Alcuni dicevano: “È lui”. Altri invece: “No, ma gli somiglia”. Ma colui che aveva ricevuto la grande grazia risolse il dubbio affermando: “Son io”. Egli parlò allora di Gesù, della maniera in cui lo aveva guarito. “Ed essi gli dissero: Dov’è costui? Egli rispose: Non so”. Giovanni 9:9-12. SU 357.6
Leggi Marco 8:31-38. Che cosa insegna Gesù qui sul costo di seguire Cristo?
Da quell’ora Gesù cominciò a dichiarare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrir molte cose dagli anziani, dai capi sacerdoti e dagli scribi, ed esser ucciso, e risuscitare il terzo giorno”. Matteo 16:21. SU 313.4
I discepoli ascoltavano muti per il dolore e lo stupore. Gesù aveva appena accettato la testimonianza di Pietro sulla sua divinità. L’allusione che ora faceva alle sue sofferenze e alla sua morte parve loro incomprensibile. Pietro non poté tacere. Si rivolse al Maestro, come se volesse strapparlo alla sorte da cui era minacciato, ed esclamò: “Tolga ciò Iddio, Signore; questo non ti avverrà mai”. Matteo 16:22. SU 313.5
Pietro amava il Signore, ma Gesù non lo lodò per aver espresso il suo desiderio di risparmiargli le sofferenze. Le parole di Pietro non erano fatte per incoraggiare e consolare Gesù in vista della grande prova. Esse non erano in armonia né con il piano divino della salvezza del mondo né con l’esempio di abnegazione dato da Gesù, e potevano produrre nei discepoli uno stato d’animo opposto a quello che Gesù voleva. Per queste ragioni il Salvatore pronunciò uno dei più severi rimproveri mai usciti dalle sue labbra: “Vattene via da me, Satana; tu mi sei di scandalo. Tu non hai il senso delle cose di Dio, ma delle cose degli uomini”. Matteo 16:23. SU 314.1
Satana faceva il possibile per scoraggiare Gesù e distoglierlo dalla sua missione. Pietro con il suo amore cieco collaborava inconsapevolmente con lui. Il principe del male gli aveva ispirato quel pensiero e quel desiderio. Nel deserto Satana aveva offerto al Cristo il dominio del mondo, a condizione che rinunciasse a percorrere il sentiero dell’umiliazione e del sacrificio; ora rivolgeva al discepolo del Cristo la stessa tentazione. Voleva che gli occhi di Pietro contemplassero la gloria terrena, rifiutando la croce che Gesù indicava. Tramite Pietro Satana tentava ancora Gesù. Ma il Salvatore non lo ascoltò. Pensò al suo discepolo, di fronte al quale Satana si era posto per impedire che il suo cuore fosse toccato dal sacrificio del Cristo per lui. Le parole di Gesù non erano tanto dirette a Pietro quanto a colui che le aveva ispirate per separarlo dal suo Redentore. “Vattene via da me, Satana”. Gesù lo invitava a non intromettersi fra lui e il suo discepolo, affinché potesse rivelargli direttamente il mistero del suo amore. SU 314.2
Fu un’amara lezione per Pietro che lentamente comprese che la strada del Cristo, sulla terra, passava attraverso la sofferenza e l’umiliazione. L’apostolo era riluttante a partecipare alle sofferenze del Cristo. Ma poi, davanti alla prova, avrebbe apprezzato quei momenti di dialogo. Molto tempo dopo, quando il suo corpo si era già curvato sotto il peso degli anni e delle fatiche, scriverà: “Diletti, non vi stupite della fornace accesa in mezzo a voi per provarvi, quasiché vi avvenisse qualcosa di strano. Anzi in quanto partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevene, affinché anche alla rivelazione della sua gloria possiate rallegrarvi giubilando”. 1 Pietro 4:12, 13. SU 314.3
Gesù disse ai discepoli che dovevano seguire il suo esempio di abnegazione. Chiamando accanto a sé anche la folla, disse: “Se uno vuol venire dietro a me rinunzi a se stesso e prenda ogni giorno la sua croce e mi segua”. Matteo 16:24. La croce, un supplizio in uso presso i romani, era uno strumento di morte crudele e infamante. I maggiori criminali erano costretti a portare la croce sino al luogo dell’esecuzione, e resistevano disperatamente quando la si voleva porre sulle loro spalle, finché non venivano domati e lo strumento di tortura posto loro addosso. Ma Gesù invitò i suoi discepoli a prendere spontaneamente la croce e a portarla dietro a lui. Le sue parole, benché comprese solo in parte, significavano che i discepoli avrebbero dovuto affrontare le più profonde umiliazioni e persino la morte per amore del Cristo. Le parole del Salvatore esprimevano una rinuncia totale. Già Gesù l’aveva accettata per loro. Non era rimasto in cielo mentre noi eravamo perduti. Lo aveva lasciato per una vita fatta di sofferenze e insulti, fino alla morte più vergognosa. Egli, che godeva delle inestimabili ricchezze del cielo, era diventato povero affinché noi diventassimo ricchi per la sua povertà. Dobbiamo seguirlo sul sentiero che Egli ha già calcato. SU 314.4
Crocifiggere il proprio io significa amare gli uomini per cui Cristo è morto. Ogni figlio di Dio deve considerarsi un anello della catena lanciata dal cielo per salvare il mondo; deve sentirsi unito al Cristo nel suo piano di misericordia e andare con lui alla ricerca di coloro che si sono perduti. Il cristiano deve ricordarsi che si è consacrato a Dio e che con il suo carattere deve rivelare il Cristo al mondo. L’abnegazione, la simpatia, l’amore di Gesù, devono riprodursi nella vita dei suoi discepoli. SU 315.1
Leggi Marco 9:1-13. Che cosa videro Pietro, Giacomo e Giovanni una notte con Gesù?
La luce del sole indugiava ancora sulla sommità del monte e rischiarava il sentiero con i suoi ultimi raggi. Ben presto esso sparì all’orizzonte, e i viaggiatori solitari si trovarono avvolti nelle tenebre della notte. Il cupo spettacolo si accordava con la tristezza della loro vita, sulla quale oscure nubi si stavano addensando. SU 317.2
Infine Gesù disse loro di fermarsi. Si allontanò un po’ e pregò Dio supplicandolo con grida e lacrime. Chiese al Padre la forza di sopportare la prova in favore degli uomini. Per affrontare il futuro sentiva il bisogno dell’aiuto dell’Onnipotente. Pregò anche per i discepoli, affinché nell’ora della potenza delle tenebre la loro fede non si affievolisse. La rugiada scendeva copiosa sul suo corpo prostrato, ma Egli non vi badava. Le ombre della notte lo avvolgevano, ma Egli non se ne curava. Le ore scorrevano lente. I discepoli dapprima pregarono insieme con il loro Maestro, ma poi furono sopraffatti dalla stanchezza e, nonostante i loro tentativi, si addormentarono. SU 317.4
La sua preghiera venne esaudita. Mentre era inginocchiato sul suolo pietroso, i cieli si aprirono, le porte d’oro della città di Dio si spalancarono e un santo splendore circondò il monte e illuminò il Salvatore. La sua divinità rifulse attraverso l’umanità e si congiunse con la gloria che scendeva dall’alto. Il Cristo si sollevò alla maestà divina. L’agonia della sua anima era cessata, il suo viso risplendeva come il sole e le sue vesti erano bianche di luce. SU 318.1
I discepoli si svegliarono e contemplarono il torrente di gloria che inondava il monte. Pieni di stupore e paura, ammirarono la figura luminosa del loro Maestro. Quando i loro occhi si furono abituati a quella luce soprannaturale, si accorsero che Gesù non era solo. Accanto a lui c’erano due esseri celesti, in intimo colloquio con lui: Mosè che già aveva parlato con Dio sul Sinai ed Elia che aveva ricevuto il grande privilegio, accordato solo a un altro dei figli di Adamo, di non passare attraverso la morte. SU 318.2
Mosè comparve sul monte della trasfigurazione come un testimone della vittoria del Cristo sul peccato e sulla morte. Rappresentava coloro che usciranno dalla tomba al momento della risurrezione dei giusti. Elia, trasportato in cielo senza vedere la morte, simboleggiava quelli che saranno vivi al ritorno del Cristo e che saranno “mutati, in un momento, in un batter d’occhio, al suon dell’ultima tromba... quando questo corruttibile avrà rivestito incorruttibilità, e questo mortale avrà rivestito immortalità”. 1 Corinzi 15:51, 52, 54. Gesù era rivestito di luce come lo sarà al suo ritorno, quando “apparirà una seconda volta, senza peccato, a quelli che l’aspettano per la loro salvezza”. Ebrei 9:28. Egli verrà “nella gloria del Padre suo coi santi angeli”. Marco 8:38. Si adempiva così la promessa che Gesù aveva fatta ai suoi discepoli. Il futuro regno di gloria apparve in miniatura sul monte: il Cristo il Re, Mosè il rappresentante dei santi risuscitati, Elia quello dei santi trasformati. SU 318.4
I discepoli non comprendevano quella scena. Erano felici di vedere che il loro Maestro tanto paziente, dolce e umile, che aveva vagato qua e là come uno straniero, veniva onorato dagli eletti del cielo. Pensavano che Elia fosse venuto per annunciare il regno del Messia e che il regno del Cristo si sarebbe stabilito sulla terra. Erano pronti a scacciare per sempre il ricordo del loro timore e della loro delusione e avrebbero desiderato restare là, dove si manifestava la gloria di Dio. Pietro esclamò: “Maestro, egli è bene che stiamo qui; facciamo tre tende: una per te, una per Mosè ed una per Elia”. Luca 9:33. I discepoli immaginavano che Mosè ed Elia fossero stati inviati per proteggere il Maestro e per affermarne l’autorità. SU 319.1
Leggi Marco 9:30-41. Che cosa c'è di diverso nella seconda predizione di Gesù sulla Sua morte e risurrezione (confrontare con Marco 8:31)? Inoltre, su cosa discutono i discepoli e quali istruzioni dà Gesù?
Nel viaggio attraverso la Galilea, Gesù aveva cercato ancora di preparare l’animo dei discepoli agli avvenimenti che stavano per accadere. Disse loro che sarebbe salito a Gerusalemme dove l’avrebbero condannato a morte e poi sarebbe risuscitato. Preannunciò loro l’evento straordinario e solenne della sua consegna nelle mani dei nemici. Neppure in quel momento i discepoli compresero le sue parole. Sebbene l’ombra di un gran dolore si proiettasse su di loro, uno spirito di rivalità sorse nei loro cuori, ed essi discutevano fra loro per stabilire chi sarebbe stato il più importante nel regno. SU 326.2
Mentre Pietro era andato al mare, Gesù chiamò intorno a sé gli altri discepoli e chiese loro: “Di che discorrevate per via?” Marco 9:33. La presenza di Gesù e la sua domanda posero il problema in una luce diversa da come era apparso mentre discutevano lungo la strada. Per un senso di vergogna e di colpa rimasero silenziosi. Gesù aveva detto che doveva morire per loro e le loro ambizioni egoistiche si ponevano in contrasto con il suo amore disinteressato. SU 328.2
Quando Gesù disse che sarebbe stato ucciso e poi sarebbe risorto, voleva che i discepoli si esprimessero su questa grande prova di fede. Se fossero stati pronti a comprendere ciò che Egli voleva che conoscessero, avrebbero potuto evitare la disperazione e un’amara angoscia. Le sue parole sarebbero state loro di conforto nell’ora del lutto e della delusione. Sebbene Gesù avesse parlato con molta chiarezza di ciò che lo aspettava, il riferimento a un suo prossimo viaggio a Gerusalemme accese di nuovo le loro speranze sul ristabilimento del regno. Perciò avevano discusso su chi avrebbe occupato le cariche più importanti. Al ritorno di Pietro dal mare, i discepoli lo informarono sulla domanda del Salvatore e così qualcuno osò chiedere a Gesù: “Chi è dunque il maggiore nel regno dei cieli?” Matteo 18:1. SU 328.3
Il Salvatore raccolse i discepoli intorno a sé, e disse loro: “Se alcuno vuol essere il primo, dovrà essere l’ultimo di tutti e il servitor di tutti”. Marco 9:35. C’era in queste parole una solennità e una forza che i discepoli erano ben lontani dal comprendere. Non potevano vedere quello che il Cristo vedeva, e non compresero la natura del regno del Cristo. Quell’ignoranza fu la causa apparente della loro contesa. Ma la causa reale era più profonda. Il Cristo poteva calmare momentaneamente le loro dispute spiegando la natura del suo regno, ma la causa profonda sarebbe rimasta. Il problema del primo posto avrebbe fatto sorgere delle questioni anche dopo aver ricevuto una completa conoscenza. Quello spirito sarebbe stato disastroso per la chiesa dopo l’ascensione del Cristo. La lotta per il posto più importante era la manifestazione di quello stesso spirito che stava all’origine della grande lotta nei cieli, a causa della quale il Cristo discese dal cielo per morire. Lassù, quello spirito sorse in Lucifero, “astro mattutino”, superiore nella gloria a tutti gli angeli che circondavano il trono di Dio, e unito da stretti legami con il Figlio di Dio. Lucifero aveva detto: “Sarò simile all’Altissimo”. Isaia 14:12, 14. Il desiderio dell’affermazione di sé aveva provocato una lotta in cielo ed era stato la causa dell’allontanamento di tanti angeli di Dio. Se Lucifero avesse realmente desiderato essere simile all’Altissimo, non avrebbe mai abbandonato il suo posto in cielo. Lo spirito dell’Altissimo si manifesta nel servizio disinteressato. Lucifero desiderava la potenza di Dio, non il suo carattere. Cercò per sé il posto più importante, e ogni essere animato dal suo stesso spirito agisce nello stesso modo. Diventano inevitabili l’odio, la discordia e la guerra. Il potere viene considerato come il premio più ambito. Il regno di Satana è il regno della prepotenza; ciascuno considera l’altro come un ostacolo alla propria affermazione o uno strumento del quale servirsi per accedere a posizioni più elevate. SU 328.4
Con tenerezza, ma con chiarezza, Gesù cercò di correggere la loro concezione errata. Indicò il principio più importante del regno dei cieli, e mostrò in che cosa consiste la vera grandezza secondo l’ideale divino. Coloro che sono animati dall’orgoglio e dall’amore del primato pensano a se stessi e alla ricompensa che dovranno ricevere piuttosto che ringraziare Dio per i doni ricevuti. Essi non troveranno posto nel regno dei cieli, perché hanno militato nelle file di Satana.SU 329.2
L’umiltà precede la gloria. Per svolgere un compito importante davanti agli uomini, Dio chiama dei collaboratori che, come Giovanni Battista, scelgano un posto umile davanti a lui. Il discepolo il cui spirito è simile a quello dei fanciulli, è il più efficiente nel servizio per il Signore. Gli angeli collaborano con chi cerca di salvare gli uomini anziché esaltare se stesso. Colui che sente più profondamente il bisogno dell’aiuto divino, pregherà per ottenerlo e lo Spirito Santo gli concederà la stessa visione di Gesù, capace di rafforzare ed elevare l’animo. Nella comunione con il Cristo, opererà per coloro che periscono nei loro peccati. Se riceverà l’unzione divina, avrà successo là dove molti uomini intelligenti e colti non sono riusciti. Ma quando gli uomini si esaltano, sentendosi indispensabili per il successo del piano di Dio, il Signore li mette da parte: Egli non dipende da loro. L’opera non si arresta per la loro esclusione ma, al contrario, progredisce con maggiore potenza. SU 330.1
Leggi Marco 9:42-50. Che cosa lega gli insegnamenti di Gesù in questo passo?
Non era sufficiente che i discepoli di Gesù fossero istruiti circa la natura del suo regno. Avevano bisogno di un cambiamento del cuore per sentirsi in armonia con quei princìpi. Gesù chiamò vicino a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e dopo averlo abbracciato, disse: “In verità io vi dico: Se non mutate e non diventate come i piccoli fanciulli, non entrerete punto nel regno dei cieli”. Matteo 18:3. Le doti che il cielo apprezza sono la semplicità, il disinteresse e l’amore fiducioso dei fanciulli: queste sono le caratteristiche della vera grandezza. SU 330.2
Le parole del Salvatore suscitarono nei discepoli un sentimento di sfiducia in sé. Sebbene esse non avessero colpito nessuno direttamente, Giovanni sottopose a Gesù un’azione che avevano compiuto, per sapere se avevano agito bene. Con lo spirito di un bambino, gli disse: “Maestro, noi abbiam veduto uno che cacciava i demoni nel nome tuo, il quale non ci seguita; e glielo abbiamo vietato perché non ci seguitava”. Marco 9:38. SU 331.1
Giacomo e Giovanni avevano pensato di difendere l’onore di Dio ordinando a quest’uomo di non cacciare più i demoni. Ma sospettavano di essere stati gelosi dei loro privilegi. Riconobbero il loro errore e accettarono il rimprovero di Gesù. “Non glielo vietate, poiché non v’è alcuno che faccia qualche opera potente nel mio nome, e che subito dopo possa dir male di me”. Marco 9:39. Nessuno che manifestasse in qualche modo simpatia verso il Cristo doveva essere ostacolato. Molti erano stati toccati dal carattere e dall’opera di Gesù; i loro cuori si erano aperti a lui in fede. I discepoli, che non potevano leggere i veri moventi del cuore, dovevano stare attenti a non scoraggiarli. Quando Gesù li avrebbe lasciati e l’opera sarebbe stata affidata a loro, avrebbero dovuto manifestare la stessa simpatia che avevano visto nel Maestro, senza uno spirito gretto ed esclusivo. SU 331.2
Noi non possiamo proibire a nessuno di lavorare per il Signore solo perché non si conforma in tutto alle nostre idee e alle nostre opinioni. Il Cristo è il grande Maestro e il nostro compito non consiste nel giudicare o comandare, ma nel sedersi con umiltà ai piedi di Gesù e imparare da lui. Ogni spirito rigenerato dal Signore è un mezzo attraverso il quale il Cristo rivela il suo amore e il suo perdono. Dovremmo stare attenti a non scoraggiare nessuno che trasmette la luce di Dio, per non offuscare quei raggi di luce che dovrebbero risplendere nel mondo. SU 331.3
La severità o la freddezza di un discepolo verso qualcuno che il Cristo sta attirando a sé — un atto come quello di Giovanni che aveva impedito di operare miracoli nel nome del Cristo — può spingere un’anima nel sentiero del nemico e causarne la perdita. Gesù dice che “meglio sarebbe per lui che gli fosse messa al collo una macina da mulino, e fosse gettato in mare”. E aggiunge: “E se la tua mano ti fa intoppare, mozzala; meglio è per te entrar monco nella vita, che aver due mani e andartene nella geenna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti fa intoppare, mozzalo; meglio è per te entrar zoppo nella vita, che aver due piedi ed esser gittato nella geenna”. Marco 9:42-45. SU 331.4
Perché questo linguaggio così deciso? Perché “il Figliuol dell’uomo è venuto per cercare e salvare ciò che era perito”. Luca 19:10. I discepoli dimostreranno per gli uomini un minor riguardo di quanto ne ha dimostrato il re dei cieli? Ogni anima è costata un prezzo infinito, ed è un terribile peccato allontanarla dal Cristo e rendere inutile l’amore, l’umiliazione e l’agonia del Salvatore. SU 331.5
Quando quindi farà del Regno di Dio il suo interesse principale, si troverà sicuramente nel posto giusto al momento giusto, facendo la cosa giusta e raccogliendo la benedizione più ricca di Dio. Potrà quindi essere certo che Lui le aprirà la strada e la porterà dove deve essere, anche se dovesse sollevarla dal pozzo e dire agli Ismaeliti di portarla in Egitto e di farla lavorare nella casa di Potifar. Potrebbe persino doverla portare in prigione prima di farla sedere sul trono con il Faraone. Oppure potrebbe farla fuggire dall'Egitto e farle custodire delle pecore intorno al Monte Horeb. Potrebbe portarla contro il Mar Rosso mentre gli Egiziani la inseguono. Potrebbe portarla nel deserto, dove non c'è né acqua né cibo. Il leone e l'orso potrebbero venire a prendere i suoi agnelli, Golia a uccidere il suo popolo, e il re potrebbe gettarla nella fornace ardente o nella fossa dei leoni.
Sì, possono accadere centinaia e migliaia di cose, ma chi confida in Dio e fa bene la Sua opera, troverà in tutti questi cosiddetti ostacoli o contrattempi delle meravigliose liberazioni e delle vie verso il successo, che realizzano tutti i meravigliosi piani di Dio e la via di Dio verso la sua promozione da una grande cosa all'altra. Quando è nella cura e nel controllo di Dio, non dica mai che è stato il diavolo a fare questo o quello, indipendentemente da cosa, perché non può fare nulla se non gli viene permesso di farlo. Dia sempre il merito a Dio.