Ed Egli disse loro: "Diceva loro: "Fate attenzione a quello che udite: Con la stessa misura con la quale misurate, sarete misurati anche voi; anzi vi sarà dato di più. Poiché a chi ha, sarà dato e a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha". Marco 4:24, 25
La Scrittura dice: “Tutte queste cose disse Gesù in parabole alle turbe... affinché si adempisse quel che era stato detto per mezzo del profeta: Aprirò in parabole la mia bocca; esporrò cose occulte fin dalla fondazione del mondo”. Matteo 13:34, 35. Le cose naturali costituivano il veicolo di quelle spirituali, i fenomeni della natura e le esperienze della vita degli ascoltatori illustravano le verità della Parola scritta. Guidandoci cosi dal regno naturale a quello spirituale, le parabole di Cristo rappresentano gli anelli di una catena di verità che unisce l’uomo a Dio, la terra al cielo. PV 7.2
Nella prima parte del suo ministero Gesù aveva parlato alla gente con parole così semplici che tutti gli ascoltatori avrebbero potuto comprendere quelle verità atte a guidarli alla salvezza. Ma in molti cuori la verità non aveva fatto radici ed era sparita ben presto senza lasciar traccia. “Perciò parlo loro in parabole”, ebbe a dire, “perché, vedendo, non vedono; e udendo non odono e non intendono... perché il cuore di questo popolo s’è fatto insensibile, son divenuti duri d’orecchi ed hanno chiuso gli occhi”. Matteo 13:13-15. PV 9.3
Leggi Marco 4:1-9. Come sono i diversi terreni e cosa succede al seme che cade su di essi?
Con la parabola del seminatore Cristo illustra i misteri del regno dei cieli e l’opera del divin Lavoratore a favore del suo popolo. Simile al seminatore dei campi, Egli è venuto a spargere il seme celeste della verità, e sono le sue stesse parabole a costituire quel seme sparso e contenente le più preziose verità della sua grazia. A causa della sua semplicità la parabola del seminatore non è stata apprezzata come merita. Partendo dal seme naturale gettato sul terreno, Cristo desidera richiamare la nostra attenzione sul seme dell’Evangelo la cui semina riconduce l’individuo alla fedeltà a Dio. È stato il Sovrano dell’universo a raccontarci la parabola del minuscolo seme, e le medesime leggi che governano la semina terrena regolano anche la semina della verità. PV 14.1
La semenza è la Parola di Dio. Ogni seme contiene un principio germinativo che custodisce in sostanza la vita della pianta. Così anche nella Parola di Dio c’è vita: “Le parole che vi ho detto”, disse Gesù, “sono spirito e vita”. Giovanni 6:63. “Chi ascolta la mia parola e crede a Colui che mi ha mandato, ha vita eterna”. Giovanni 5:24. In ogni comandamento e promessa della Parola di Dio, c’è la potenza e la vita stessa di Dio, grazie alle quali è possibile obbedire al comandamento e realizzare la promessa. Chi accetta in fede la Parola, riceve la vita stessa ed il carattere di Dio. PV 17.2
Ogni seme porta frutto secondo la sua specie. Seminatelo come si deve e svilupperà la sua vitalità nella pianta. Accogliete con fede l’incorruttibile seme della Parola divina nell’anima ed esso produrrà un carattere ed una vita simili al carattere e alla vita di Dio. PV 17.3
La parabola del seminatore sottolinea principalmente l’influenza che esercita sul seme il terreno in cui è stato gettato. Con questa parabola Cristo diceva praticamente agli ascoltatori: non è bene per voi criticare la mia opera o abbandonarvi alla delusione sol perché essa non corrisponde alle vostre idee. Quel che più conta invece, e che dovreste chiedervi, è: come tratterete il mio messaggio? Dalla vostra accettazione o dal rifiuto dipende il vostro destino eterno! PV 21.2
Con la parabola del seminatore Cristo dimostra che i diversi risultati ottenuti dipendono dalla natura del terreno. In tutti i casi il seminatore ed il seme sono gli stessi, cosicché, vuole insegnarci Cristo, dipende da noi se la Parola di Dio non produce il suo effetto nei nostri cuori e nella nostra vita, e noi possiamo controllarne i risultati. È vero che non possiamo cambiare noi stessi, ma possiamo scegliere e sta a noi decidere che cosa avverrà della nostra persona. Gli ascoltatori rappresentati dalla strada, dal terreno pietroso e dalle spine non devono ineluttabilmente rimanere in tale condizione. Lo Spirito di Dio cerca continuamente di spezzare l’incanto che tiene l’umanità assorta nelle passioni mondane per suscitare l’anelito dei valori imperituri. Ma resistendo all’azione dello Spirito gli uomini prestano poca attenzione alla Parola divina e la trascurano. Sono loro stessi responsabili della propria durezza di cuore, che impedisce al buon grano di mettere radici, e delle erbacce che ne soffocano lo sviluppo. PV 31.1
Leggi Marco 4:13-20. Come interpretò Gesù la parabola del seminatore?
Spiegando poi il significato del seme che cade lungo la strada disse: “Tutte le volte che uno ode la parola del Regno e non la intende, viene il maligno e porta via quel che è stato seminato nel cuore di lui: questi è colui che ha ricevuto la semenza lungo la strada”. Matteo 13:19. PV 21.3
Il seme caduto lungo la strada rappresenta la Parola di Dio seminata nel cuore dell’ascoltatore distratto. Simile al duro sentiero calpestato dagli uomini e dagli animali, il cuore si trasforma in una strada maestra per il traffico del mondo, i suoi piaceri e peccati. Assorbito dalle ambizioni egoistiche e dalle passioni peccaminose, l’animo “rimane indurato per inganno del peccato” (Ebrei 3:13), le facoltà spirituali sono paralizzate, l’individuo ascolta la Parola ma non l’intende, non si rende conto che si applica proprio a lui, non ha coscienza del suo bisogno e del pericolo che corre, non percepisce l’amore di Cristo e ignora il suo messaggio di grazia ritenendolo una cosa che non lo riguarda. PV 22.1
Il seme sparso in luoghi rocciosi trova un terreno poco profondo, la pianta spunta rapidamente, ma dato che le radici non riescono a penetrare tra le rocce alla ricerca del nutrimento per sostenere la propria crescita, non tarda a seccarsi. Molti che professano di essere religiosi sono come un terreno roccioso: simili alle rocce coperte da un sottile strato di terra; l’egoismo del loro cuore naturale è appena nascosto da uno strato superficiale di buoni desideri e aspirazioni. Non hanno vinto l’amore dell’io, non hanno capito il vero carattere del peccato, né il loro cuore è rimasto umiliato dal senso di colpa. Può essere facile convincere questa classe di persone, che magari appariranno convertiti entusiasti, ma la loro religione rimane superficiale. PV 23.3
Ovviamente non cadono sol perché hanno accolto subito la Parola o perché se ne rallegrano. Udito l’appello del Salvatore, Matteo si levò immediatamente e, abbandonando tutto, lo seguì. Dio desidera che accogliamo subito la sua Parola quando tocca il nostro cuore, ed è bene che l’accogliamo con gioia: “Così vi sarà letizia in cielo per un peccatore penitente”. Luca 15:7 (Diodati). E c’è gioia nell’anima che crede in Cristo. Ma coloro che nella parabola accettano la Parola immediatamente non ne calcolano il prezzo, non prendono in considerazione ciò che essa esige da loro, non esaminano tutte le abitudini della loro vita alla luce di questa Parola né si sottomettono completamente al suo dominio. PV 23.4
Il seme dell’Evangelo cade spesso fra le spine e le erbacce e se non avviene una trasformazione morale nel cuore umano, se non si abbandonano le antiche abitudini e la precedente vita di peccato, se Satana non è stato bandito dall’anima, il buon seme rimarrà soffocato e ci sarà un raccolto di spine invece che di grano. PV 26.3
La grazia può prosperare solo in un cuore sempre pronto ad accogliere il prezioso seme della verità. Le spine del peccato crescono in qualunque suolo senza bisogno di cure, mentre la grazia va accuratamente coltivata. I rovi e le spine sono sempre pronti a invadere il campo e bisogna essere continuamente all’opera per distruggerli. Se il cuore non è sottomesso al controllo divino, se lo Spirito Santo non è continuamente all’opera per affinare e nobilitare il carattere, le antiche abitudini non tarderanno a riaffiorare nella vita. Gli uomini potranno professare di credere nell’Evangelo, ma se non ne sono santificati, la loro professione non vale nulla; se non sconfiggono il peccato, il peccato sconfiggerà loro. Le spine, che magari avevano reciso ma non sradicato, rispunteranno ben presto invadendo il campo dell’anima. PV 26.4
Il seminatore non sempre subisce delusioni. Il Salvatore disse che il seme caduto nella buona terra “è colui che ode la Parola e l’intende; che porta del frutto e rende l’uno il cento, l’altro il sessanta e l’altro il trenta”. Matteo 13:23. “E quel ch’è in buona terra, son coloro i quali, dopo aver udita la Parola, la ritengono in un cuore onesto e buono, e portan frutto con perseveranza”. Luca 8:15. PV 32.3
Il “cuore onesto e buono” di cui parla la parabola non è un cuore senza peccato, perché l’Evangelo deve essere predicato ai perduti. Cristo ha detto: “Io non son venuto a chiamare de’ giusti, ma dei peccatori”. Marco 2:17. Ha un cuore onesto chi si lascia convincere dallo Spirito Santo e confessa le sue colpe, chi sente il bisogno della misericordia e dell’amore divino e nutre il sincero desiderio di conoscere la verità per obbedirle. Il cuore buono è un cuore credente e fiducioso nella Parola di Dio. Senza fede è impossibile accettare la Parola, “poiché chi s’accosta a Dio deve credere ch’Egli è, e che è il rimuneratore di quelli che lo cercano”. Ebrei 11:6. PV 33.1
L’ascoltatore simile al buon terreno riceve la Parola “non come parola d’uomini, ma quale essa è veramente, come parola di Dio”. 1 Tessalonicesi 2:13. Solo chi riceve la Scrittura come voce di Dio che gli parla personalmente imparerà davvero. Egli trema dinanzi a questa Parola, essendo per lui una realtà vivente, ed apre il cuore e la mente per capirla. Ascoltatori di questo tipo erano Cornelio e i suoi amici che dissero all’apostolo Pietro: “Ora dunque siamo tutti qui presenti davanti a Dio, per udir tutte le cose che ti sono state comandate dal Signore”. Atti 10:33. PV 33.
Leggi Marco 4:10-12. Perché Gesù insegnava in parabole?
Gesù desiderava stimolare lo spirito di investigazione, cercava di scuotere gli indifferenti per imprimere la verità nel cuore. Ammaestrare per mezzo di parabole era popolare e godeva il rispetto e l’attenzione non solo degli Ebrei ma anche di altri popoli. Gesù non avrebbe potuto scegliere un metodo di insegnamento più efficace. Se gli ascoltatori avessero desiderato conoscere le cose divine avrebbero potuto capire le sue parole, dal momento che Egli era sempre pronto a spiegarle agli investigatori sinceri. PV 9.4
Cristo doveva presentare, inoltre, delle verità che il popolo non era preparato a ricevere né a comprendere. Una ragione di più per ricorrere all’uso delle parabole. Collegando le sue lezioni agli episodi della vita comune, dell’esperienza e della natura, attirava l’attenzione e impressionava i cuori degli ascoltatori. Costoro, quando poi vedevano gli oggetti che erano serviti ad illustrare le sue lezioni, ricordavano le parole del divino Maestro, e quanti erano aperti all’azione dello Spirito Santo intendevano sempre più il senso dei suoi insegnamenti. I misteri si illuminavano e tutto quel che era difficile da capire si faceva chiaro ed evidente. PV 9.5
Un altro motivo induceva Gesù a parlare in parabole. In mezzo alle folle che gli si accalcavano intorno c’erano sacerdoti e rabbini, scribi e anziani, erodiani e capi del popolo, persone di mondo, bigotti e ambiziosi che cercavano solo un pretesto per accusarlo. Le loro spie lo pedinavano tutti i giorni per cogliere dalle sue labbra qualche parola che si prestasse a farlo condannare e a far tacere per sempre colui che sembrava attrarre il mondo dietro a sé. Il Salvatore conosceva il carattere di questi uomini e presentava la verità in modo da non offrir loro alcun appiglio suscettibile di accusa dinanzi al sinedrio. Servendosi delle parabole, censurava l’ipocrisia e la malvagia condotta di coloro che occupavano alte posizioni e rivestiva di un linguaggio figurato delle verità così taglienti che i destinatari, lungi dall’ascoltarlo, avrebbero rapidamente messo fine al suo ministero, se le avesse presentate come denuncia aperta. Eludendo così le insidie delle spie, esponeva la verità con tanta chiarezza da mettere a nudo l’errore e dar modo agli ascoltatori sinceri di trarre profitto dai suoi insegnamenti. Metteva in evidenza la saggezza divina, la grazia infinita nelle opere del creato. Grazie alla natura e alle esperienze della vita, Dio ammaestrava l’umanità. “Poiché le perfezioni invisibili di lui, la sua eterna potenza e divinità, si vedon chiaramente sin dalla creazione del mondo, essendo intese per mezzo delle opere sue”. Romani 1:20. PV 10.2
Leggi Isaia 6:1-13. Che cosa succede a Isaia qui e qual è il messaggio che gli viene dato da portare a Israele?
"L'umiliazione di Isaia era autentica. Quando il contrasto tra l'umanità e il carattere divino gli fu reso evidente, si sentì del tutto inefficiente e indegno. Come poteva parlare al popolo dei requisiti sacri di Geova? GW 22.1
"'Allora uno dei serafini volò verso di me', scrive, 'con un carbone vivo in mano, che aveva preso con le pinze dall'altare; lo pose sulla mia bocca e disse: 'Ecco, questo ha toccato le tue labbra; e la tua iniquità è stata tolta e il tuo peccato purificato'". GW 22.2
"Allora Isaia udì la voce del Signore che diceva: "Chi manderò e chi andrà per noi?" e, rafforzato dal pensiero del tocco divino, rispose: "Eccomi, mandami". GW 22.3
"Quando i ministri di Dio guardano per fede nel Santo dei Santi e vedono l'opera del nostro grande Sommo Sacerdote nel santuario celeste, si rendono conto di essere uomini dalle labbra impure, uomini la cui lingua ha spesso parlato di vanità. Potrebbero disperarsi quando mettono a confronto la propria indegnità con la perfezione di Cristo. Con la contrizione del cuore, sentendosi del tutto indegni e inadatti alla loro grande opera, gridano: "Sono disfatto". Ma se, come Isaia, umiliano il loro cuore davanti a Dio, l'opera compiuta per il profeta sarà compiuta per loro. Le loro labbra saranno toccate con un carbone vivo dall'altare, e perderanno di vista se stessi nel percepire la grandezza e la potenza di Dio e la Sua disponibilità ad aiutarli. Si renderanno conto della sacralità dell'opera affidata loro e saranno portati ad aborrire tutto ciò che li porterebbe a disonorare Colui che li ha inviati con il Suo messaggio". GW 22.4
Leggi Marco 4:21-23. Qual è l'enfasi speciale di Gesù nella parabola della lampada?
"Gesù usò la luce di una candela per rappresentare le sue dottrine, che illuminano l'anima di coloro che le accettano. Questa luce non deve essere nascosta al mondo, ma deve risplendere per illuminare e benedire coloro che la osservano. L'istruzione ricevuta da coloro che ascoltavano Gesù doveva essere comunicata da loro ad altri, e quindi tramandata ai posteri. Dichiarò anche che non c'era nulla di nascosto che non dovesse essere manifestato. Qualsiasi cosa ci fosse nel cuore, prima o poi sarebbe stata rivelata dalle azioni; e queste avrebbero determinato se il seme seminato aveva messo radici nella loro mente e portato buoni frutti, o se le spine e i rovi avevano avuto la meglio. Li ammonì ad ascoltarlo e a comprenderlo. Migliorare i privilegi benedetti estesi a loro, avrebbe portato alla loro stessa salvezza e, attraverso di loro, avrebbe portato beneficio agli altri. 2SP 243.1
Leggi Marco 4:24, 25. Quale lezione trasmette Gesù con la parabola del cesto di misurazione?
"E con quanta sincera attenzione ascoltavano le sue istruzioni, avrebbero ricevuto in cambio un'analoga misura di conoscenza. Tutti coloro che desideravano veramente comprendere le sue dottrine sarebbero stati pienamente soddisfatti; i loro privilegi donati dal Cielo sarebbero aumentati; la loro luce si sarebbe illuminata fino al giorno perfetto. Ma coloro che non desideravano la luce della verità avrebbero brancolato nelle tenebre e sarebbero stati sopraffatti dalle potenti tentazioni di Satana. Perderebbero la loro dignità e il loro autocontrollo, e la poca conoscenza di cui si erano vantati quando avevano dichiarato di non avere bisogno di Cristo e avevano disprezzato la guida di Colui che aveva lasciato un trono in Cielo per salvarli". 2SP 243.2
"La misura dell'impegno con cui ascolterete la Mia parola, per aiutare gli altri, sarà la misura in cui vi sarà data la conoscenza di questa parola. A colui che ascolta con attenzione sarà data; perché Dio vede che userà la sua conoscenza in modo giusto. A colui che non ha migliorato le sue opportunità, che non ha messo in pratica la verità, affinché altri possano condividere la benedizione della sua conoscenza, sarà tolto anche quello che ha. Gli sarà tolta l'opportunità di essere tutto ciò che Dio ha progettato per essere, ricevendo e impartendo la luce del cielo". PUR 22 dicembre 1904, par. 7
Leggi Marco 4:26-29. Qual è l'obiettivo principale di questa parabola?
Il mondo materiale è sottoposto al controllo di Dio e la natura obbedisce alle sue leggi. Tutto esprime e fa la volontà del Creatore: le nuvole e il sole, la rugiada e la pioggia, il vento e la tempesta sottostanno alla sua sorveglianza e obbediscono ai suoi ordini. È perché obbedisce alla legge divina che lo stelo del frumento fuoriesce dal terreno producendo “prima l’erba; poi la spiga; poi, nella spiga, il grano ben formato”. Marco 4:28. Il Signore sviluppa queste varie fasi a tempo debito perché non si oppongono alla sua opera. Ma è possibile che l’uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio, dotato di ragione e di parola, sia il solo a non apprezzare i suoi doni e a disobbedire alla sua volontà? Saranno proprio gli esseri razionali gli unici a creare confusione nel nostro mondo? PV 50.1
In tutto ciò che contribuisce a sostenere l’umanità si può vedere la collaborazione degli sforzi divini e umani: non può esserci raccolto se la mano dell’uomo non fa la sua parte spargendo il seme, ma non ci sarebbe neanche crescita senza l’intervento degli elementi previsti da Dio, il sole e la pioggia, la rugiada e le nuvole. Altrettanto avviene in qualunque campo degli affari, dello studio e della scienza, nell’ambito spirituale, nella formazione del carattere e in ogni aspetto dell’attività cristiana. Dobbiamo fare la nostra parte, ma bisogna che la potenza divina si unisca alla nostra altrimenti i nostri sforzi risulteranno inutili. PV 50.2
Leggi Marco 4:30-32. Qual è la sottolineatura importante della parabola del seme di senape?
Il germe della semenza cresce grazie al manifestarsi del principio vitale che Dio gli ha trasmesso, ed è uno sviluppo che non dipende dalla forza umana. Così è anche del regno di Dio: è una nuova creazione, e i principi secondo i quali si evolve sono diametralmente opposti a quelli che reggono i regni di questo mondo. I governi terreni prevalgono con la forza e conservano il dominio con la guerra, mentre il fondatore del nuovo regno è il Principe della pace. Lo Spirito Santo rappresenta i regni di questo mondo col simbolo di feroci animali da preda, Cristo è invece “l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo”. Giovanni 1:29. I suoi piani di governo non prevedono l’uso della forza bruta per costringere le coscienze. I Giudei si aspettavano che il regno di Dio si stabilisse allo stesso modo dei regni di questo mondo. Per affermare la giustizia ricorrevano a provvedimenti esteriori, escogitavano metodi e piani, Cristo al contrario combatte l’errore ed il peccato stabilendo il principio della verità e della giustizia. PV 45.3
Mentre Gesù esponeva questa parabola si vedevano ovunque piante di senape elevarsi al di sopra dell’erba e del grano e dondolare dolcemente nell’aria i propri rami. Gli uccelli saltellavano da un ramo all’altro cinguettando in mezzo al denso fogliame. Eppure il seme dal quale erano nate quelle piante gigantesche era il più piccolo di tutti! All’inizio aveva emesso un tenero germoglio, ma pieno di forza e vitalità, che era andato crescendo e sviluppandosi fino a raggiungere le dimensioni attuali. Similmente il regno di Cristo agli inizi sembrava umile e insignificante, l’ultimo di tutti di fronte ai regni terreni. Per i sovrani di questo mondo l’affermazione di Cristo di essere re era semplicemente ridicola, nondimeno il regno dell’Evangelo possedeva una vita divina contenuta nelle potenti verità affidate ai suoi seguaci, e con quanta rapidità crebbe ed estese la sua influenza! Quando Gesù illustrò questa parabola, il nuovo regno era rappresentato solamente da alcuni contadini della Galilea la cui povertà e ristrettezza di numero veniva continuamente addotta per motivare che non ci si doveva associare a quei semplici pescatori al seguito di Gesù. Ma il seme di senape doveva svilupparsi ed estendere i suoi rami in tutto il mondo. I regni terreni, la cui gloria riempiva allora i cuori umani, sarebbero tramontati, mentre il regno di Cristo sarebbe rimasto per rafforzarsi sempre di più e per estendersi ovunque. PV 45.4
Matt. 13:31, 32 - "Un'altra parabola espose loro: "Il regno dei cieli si può paragonare a un granellino di senapa, che un uomo prende e semina nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande degli altri legumi e diventa un albero, tanto che vengono gli uccelli del cielo e si annidano fra i suoi rami".
Essendo il seme di senape il più piccolo di tutti i semi, questa parabola mostra che ciò che darà inizio al Regno sarà molto insignificante, contrariamente a tutte le aspettative umane. Tuttavia, come la pianta di senape diventa la più grande di tutte le erbe, così il Regno crescerà e diventerà il più grande di tutti i regni. Essendo questo contrario a tutti i piani umani, è naturale che coloro che sono come Nicodemo e continuano a vergognarsi di essere identificati con qualcosa che è impopolare, odiato e insignificante, saranno di conseguenza esclusi dal Regno.
Il vero cristianesimo è una crescita. È simile a una pianta. Cristo stesso è rappresentato come un ramo (Isa. 11:1), e il Suo regno come un seme di senape (Matteo 13:31, 32) che dopo essere stato piantato diventa un albero, il più grande del suo genere. Ma poiché l'albero letterale deve necessariamente nutrirsi di cibo fisico, allo stesso modo l'albero spirituale deve necessariamente nutrirsi di cibo spirituale, come si è nutrito il Ramo stesso: